Economia

I tre motivi per cui le tasse ci divoreranno

Tre storie che ci raccontano quanto sia complicato sconfiggere la Bestia pubblica che tutto intermedia. Altro che flat tax

I tre motivi per cui le tasse ci divoreranno

Vi citiamo tre casi apparentemente diversi tra loro: l'accordo per gli esuberi Tim, l'impatto delle politiche Bce su debito pubblico italiano e infine le aliquote dell'Imu da pagare lunedì prossimo. Tre storie che ci raccontano quanto sia complicato sconfiggere la Bestia pubblica che tutto intermedia. Altro che flat tax. Partiamo dalla coda.

1. Lunedì gli italiani sono chiamati a pagare la prima rata dell'imposta patrimoniale, perché tale è, sugli immobili. A ciò si aggiunge una mini-imposta, la Tasi, sui servizi che gli enti locali ci fornirebbero. La Confedilizia meritoriamente si è data la briga di vedere come si comportano i capoluoghi di regione. Molti cittadini-contribuenti non sanno infatti che l'aliquota Imu parte dal 7,6 per mille. I comuni hanno la facoltà di aumentarla fino al 10,6. Il che vuole dire che hanno un potere discrezionale di alzarla del 30 per cento, circa. Per la verità potrebbero ridurla al 4,6 per mille. Domanda retorica: secondo voi c'è un solo capoluogo che non ha spinto al massimo il suo potere impositivo? A parte Aosta, dotata delle risorse del suo statuto speciale, e la terremotata L'Aquila, nessun comune ha rinunciato ad alzare al massimo le tasse di sua competenza. Cagliari ha in realtà fissato l'aliquota Imu al 9,6 per mille, ma ha alzato al massimo la Tasi all'1 per mille, ottenendo il medesimo risultato. Lezione numero uno: se dotate i vostri amministratori pubblici di un'arma con cinque proiettili, li useranno tutti.

2. Ieri Il Sole-24 ore ha pubblicato un'interessante tabella sul mondo indebitato per la bellezza di 237mila miliardi di dollari. Una cifra mostruosa. Dentro si considerano tutti i debiti, quelli privati e quelli pubblici. Su questi debiti ovviamente si paga un interesse, che in tutto il globo sta aumentando. Quindi potrebbero essere guai. Insomma come ci si gira, c'è un debito da onorare. Cosa ha fatto negli ultimi dieci anni l'Italia? Gli anni della cosiddetta austerità. Il dato finale è che in dieci anni, la nostra economia, cioè tutti noi, abbiamo ridotto l'indebitamento di 200 miliardi e siamo arrivati a uno stock di rosso da 6.600 miliardi (meno di Francia e Germania e dieci volte meno degli Stati uniti). I debiti del settore governativo allargato (dunque non solo il debito pubblico centrale) sono aumentati dal 2007 a oggi di 600 miliardi. Nel frattempo le famiglie hanno ridotto le loro esposizioni di 50 miliardi, le imprese e le banche di 300 miliardi. Insomma tutti hanno fatto le formiche, tranne lo Stato che ha continuato a spendere più di quanto ha incassato. Lezione numero due: tutti chiedono più deficit pubblico per lo Stato, gli stessi che però a casa loro lo hanno ridotto. Si tratta di una follia logica. O di ignoranza. Si pensa che il debito dello Stato non ci riguardi. È su questa miopia popolare che giocano i politici spendaccioni.

3. La Tim, società piuttosto indebitata con più di un miliardo di utili l'anno, ha intenzione di ridurre il suo costo del lavoro. Non saremo certo noi a contestare scelte aziendali, per quanto dolorose. La Tim aveva annunciato poco meno di 30mila dipendenti in cassa integrazione straordinaria e circa 5mila esuberi. Ma la settimana scorsa chiude un accordo con il sindacato, che verrà sostanzialmente recepito dal ministro Luigi Di Maio. Consiste in due strumenti della vituperata legge Fornero che proprio i giallo-verdi vogliono cancellare. In trentamila dalla cassa integrazione passano alla solidarietà: lavoreranno tutti un po' meno e di conseguenza verranno tagliati i loro stipendi. E sui prepensionamenti si applica l'articolo 4 della Fornero (pensato proprio per aziende con margini elevati) per il quale si potrà applicare un prepensionamento, ma a differenza del passato con i costi solo a carico dell'azienda e non più dell'Inps.

Lezione numero tre.

È un paradosso: uno dei rari casi in cui non saranno i contribuenti a pagare è per merito di una norma prevista dalla legge Fornero che questo governo vuole abolire, ma che ha subito applicato.

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