Cronache

Io, medico valgo meno di una segretaria

Io, medico valgo meno di una segretaria

Egregio Direttore,

scrivo a caldo dopo aver finito di leggere il Suo articolo «Chi si deve vergognare» pubblicato sul nostro Giornale. Sono un medico di Medicina Generale (entrato in convenzione nell'anno 1987), 62 anni, sposato con tre figli e circa 1.300 pazienti in carico. Laureato in Medicina e Chirurgia nel minor tempo possibile e con il massimo dei voti e lode (con ben 42 esami invece dei 28 previsti dalla legge), specializzato in Ostetricia e Ginecologia con il massimo dei voti e lode ed una seconda specializzazione in Endocrinochirurgia conseguita con il massimo dei voti e lode.

Senza tirarla troppo per le lunghe, apprendere che la giovane segretaria del ministro Di Maio è stata assunta con lo stipendio di 73mila euro l'anno mentre il sottoscritto alla soglia del pensionamento è riuscito a raggiungere lo stipendio di 66.619.65 euro mi fa venire un senso di nausea e la voglia di rovesciare la scrivania nel ricordare che circa il 60-70% della retribuzione del medico di famiglia se ne va nelle molte spese necessarie allo svolgimento dell'attività medica: l'affitto o il mutuo dello studio, l'aggiornamento tecnologico e scientifico, i servizi assicurativi, le spese di gestione dello studio rappresentate dal costo dell'energia elettrica, gas, acqua, tassa sui rifiuti solidi e speciali e l'automobile con la quale ci si sposta per le visite a domicilio. Per non parlare delle penalizzazioni in materia pensionistica, di trattamento di fine rapporto e degli impropri oneri della subordinazione senza alcun corrispondente beneficio. E la nausea si trasforma in rabbia nel ricordare che ho vissuto una vita di «precario» senza alcuna garanzia, obbligato ad assolvere tutta una serie di doveri, etici e non, pena la ricusazione del paziente e retribuito con circa 5 (cinque) euro al mese a paziente. In altre parole, un «precario» senza nemmeno il diritto di ammalarsi né di andare in vacanza perché in tal caso è costretto a pagare di tasca propria il medico sostituto per non «compromettere» il rapporto con l'assistito. Un «precario» che pur essendo considerato sulla carta un lavoratore autonomo, nella pratica invece è un dipendente a cui è impedita concretamente ogni attività libero professionale e ogni beneficio derivante dalla «dipendenza». Convinto di ben interpretare lo stato d'animo della stragrande maggioranza dei miei colleghi, ospedalieri e generalisti, dal profondo del cuore Le chiedo di... resistere, resistere, resistere. Cordiali saluti.

La risposta di Alessandro Sallusti: "Caro dottore, questo Paese è un bordello"

Commenti