Cronache

Islam radicale e terrorismo, un decalogo per dire basta

Dieci regole per la "tolleranza zero": basta con il calpestare identità, leggi e tradizioni in nome della convivenza

Islam radicale e terrorismo, un decalogo per dire basta

L’Italia fin qui s’è salvata. Ma se continueremo a calpestare identità, leggi e tradizioni in nome della convivenza con l’islamismo radicale faremo i conti con il terrore. Ecco il decalogo per chi vuole stare con la May e non con l’Europa della resa.

Abbandonare il relativismo culturale

L’Islam non può essere messo sullo stesso piano del Cristianesimo. Il Corano è un libro del 650 dopo Cristo identificato come la parola di Dio e, come tale, immutabile e non criticabile. Il Cristianesimo nasce dai testi dell’Antico e del Nuovo Testamento progressivamente interpretati, filtrati e modernizzati dal pensiero di filosofi come Sant’Agostino e San Tommaso fino alle Encicliche di due giganti come Papa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Il tutto mentre l’Islam sunnita continua a non avere una gerarchia in grado di condannare e abiurare il fanatismo.

Isolare i fanatici: serve la legge sull’albo degli imam

I l primo passo per mettere fuori legge i fanatici è la creazione di un albo degli imam supervisionato dallo Stato con la collaborazione delle comunità islamiche moderate. Se ne parla da oltre un decennio, ma a tutt’oggi non è mai stato messo a punto. L’ultimo a prometterlo fu l’estate scorsa il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Da allora è rimasto lettera morta. Come sono rimasti lettera morta i corsi per la formazione degli imam. Così i predicatori continuano a sfuggire ai controlli e le porte delle moschee restano aperte a wahabiti, salafiti e Fratelli Musulmani.

Mettere al bando chi segue la sharia come unica norma

L a pretesa di regolare le proprie comunità attraverso la sharia, ovvero la legge coranica, è la cartina di tornasole che permette di riconoscere chi non è integrabile nelle nostre società. Chiunque pretenda di sostituire il diritto e le leggi dello Stato con la legge religiosa, come le comunità legate alla Fratellanza Musulmana o ai wahabiti, persegue la creazione di società separate. Da lì ad arrivare alla nascita di quartieri islamici «vietati» agli «infedeli» il passo è breve. E in Belgio, Francia, Olanda ed Inghilterra sta già succedendo.

Riscoprire tradizione, valori e radici cristiane

I valori cristiani sono gli unici in cui s’identifica tutta l’Europa. Nei secoli hanno garantito progresso, libertà e salvaguardia dei più deboli, ma anche la difesa del Continente in momenti come la battaglia di Lepanto e l’assedio di Vienna. Sono un patrimonio unico perché dal Cristianesimo è germogliata la democrazia. Ma la nostra tradizione religiosa ci lega anche ai Cristiani del Medioriente, prime vittime della persecuzione islamista. Soltanto riscoprendo e rafforzando questa radici riscopriremo la nostra identità e sapremo contrapporci al fanatismo islamista.

Pieno controllo della rete internet da parte dello Stato

L a rete internet è oggi la terra senza legge in cui operano i predicatori dell’odio e su cui Isis e Al Qaida disseminano propaganda e fanno proselitismo. In tempi di lotta al terrorismo non può restare il dominio di Google e di multinazionali interessate soltanto al profitto, ma indifferenti alla minaccia causata ai cittadini. Lo Stato deve esercitare la propria sovranità sulla rete imponendo ai gestori non solo la distruzione e l’eliminazione di tutti i siti che ospitano propaganda jihadista, ma anche la vigilanza e la segnalazione preventiva sui contenuti sospetti.

L’accoglienza non è gratis e non è un diritto

L’ accoglienza non è gratis. E soprattutto non è un diritto. L’accoglienza non va concessa indiscriminatamente ed automaticamente a chiunque. Chi fugge da guerre e persecuzioni e si appella al diritto all’asilo deve in cambio accettare di conformarsi alle leggi, alle regole e alle tradizioni del nostro Paese. La premessa indispensabile per l’ottenimento dell’accoglienza in Italia è la sottoscrizione di un impegno formale ad accettare i nostri valori e a rispettare le nostre leggi. Pena l’espulsione e il rientro immediato al Paese d’origine.

Vietare il burqa e tutti gli altri simboli dell’odio

I l primo a condannare «burqa» e «niqab» dichiarandoli estranei alla tradizione musulmana è stato nel 2009 Mohammad Sayyed Tantawi, il Grande Imam della Moschea e dell’Università Al Azhar del Cairo. Ma il velo integrale oltre ad essere un simbolo della sottomissione femminile imposta dall’Islam radicale è anche una bandiera dell’odio e della segregazione all’interno della società. Chi ne impone l’uso alle donne e chi lo esibisce indossandolo con orgoglio rifiuta l’integrazione e punta a creare delle società separate.

Combattere contro il Califfato in prima linea

L a missione in Afghanistan è stata, nel lungo periodo, un fallimento, ma l’immediato attacco al regno talebano, subito dopo l’11 settembre, permise di ridimensionare la minaccia di Al Qaida nel resto del mondo. Oggi, a tre anni dalla dichiarazione del Califfato, l’Occidente continua a combattere in ordine sparso in Irak e Siria. È invece fondamentale un impegno diretto di tutto l’Occidente per cancellare lo Stato Islamico proprio nelle terre dove si è radicato. Combattendo, dove si rivela necessario, anche al fianco della Russia di Putin.

Qatar e Arabia, vanno isolati quei falsi alleati

Qatar e Arabia Saudita professano la stessa fede in quel credo wahabita dell’Islam perseguita anche dai militanti dell’Isis e di Al Qaida. I loro finanziamenti a moschee e centri islamici minacciano di portare anche in Europa la versione più estremista della fede musulmana. In Siria e Irak il Qatar e l’Arabia Saudita finanziano e armano, assieme alla Turchia, i gruppi jihadisti, Al Qaida e l’Isis. Solo isolandoli, come stanno facendo proprio in queste ore gli altri Paesi arabi del Golfo, potremo prosciugare l’acqua in cui nuota il terrorismo.

Marocco, Tunisia, Egitto e Giordania: i nemici del terrore

I l Marocco combatte una guerra senza quartiere all’Isis ed è una delle poche nazioni, assieme a Tunisia e Giordania ad avere infiltrati dentro lo Stato Islamico. L’Egitto del presidente Abd al-Fattah al-Sisi ha sconfitto i Fratelli Musulmani in patria, fronteggia i gruppi jihadisti in un Paese cruciale per il Mediterraneo come la Libia e combatte l’Isis nel Sinai, al confine con Israele.

Solo rafforzando le alleanze con questi Paesi manterremo un occhio vigile su tutta la rete del terrore ed eviteremo rischi maggiori per il futuro.

Commenti