Cronache

Il papa sgrida gli invidiosi: "La vostra anima è gialla"

Il papa sgrida gli invidiosi: "La vostra anima è gialla"

Per il Giotto degli Scrovegni l'invidia è una vecchia signora: un serpente sguscia dalla sua bocca e la colpisce negli occhi. Infatti l'invidioso, se andiamo alla radice della parola, è colui che non vede. Nessun colore, perché la realtà gli sta stretta e lui la deforma, la capovolge, infine la nega. Nessuna tonalità oppure il nero della bile, l'oscurità, il buio. Gli invidiosi che Dante incontra nel tredicesimo canto del Purgatorio sono come ciechi che chiedono l'elemosina. Ma forse Francesco si basa sulla sua esperienza personale: anche le ultime settimane, con il dossier Viganò e le accuse incrociate, fanno riflettere. A volte anche la sbandierata voglia di pulizia morale, anche dentro il Vaticano, nasconde invidie e giochi di potere.

Comunque sia, Francesco che vive nel ventunesimo secolo, non dimentica l'iconografia tradizionale, ma dà in più a fedeli e uomini di buona volontà la sua diagnosi: l'invidia è una malattia che parte dall'anima, ma contagia il corpo e assomiglia terribilmente a un'epatite. Ecco, è il giallo il colore delle anime degli invidiosi.

Inutile interrogare gli esperti e addentrarsi nelle sacre cose della Chiesa. Quel che conta, nella catechesi di Bergoglio, che peraltro riprende duemila anni di cristianesimo, è l'unità di corpi e anime, come nel bellissimo romanzo di Van der Meersch. «Si dice che l'invidia roda il fegato, credo che Francesco sia partito da questa massima di saggezza popolare», spiega al Giornale don Pierangelo Sequeri, uno dei più acuti teologi italiani. «Poi si potrebbe aggiungere che nell'Apocalisse il giallo oro è divino, il giallo zolfo è satanico. Il giallo è il colore degli opposti. Nell'iconografia Gesù è spesso in oro, Giuda in giallo. E negli Atti degli apostoli la bile verde gialla è veleno che esce dall'anima corrotta».

E dunque un malessere che rode la persona dentro, può manifestarsi anche fuori. I colori liturgici, almeno quelli obbligatori codificati da Paolo VI, non c'entrano: bianco, verde, rosso e viola per le diverse stagioni del calendario. Qui siamo alle prese con le pulsioni distruttive. A suo tempo il Papa, che ama le immagini sorprendenti, aveva scolpito la definizione della vanità: «Un'osteoporosi dell'anima».

Ora, nell'udienza del mercoledì scava tra i vizi e sviluppa una lezione carica di suggestioni: «L'invidia fa venire giallo il corpo e l'anima come un'epatite». Non basta, Francesco allarga: «Non c'è tregua per il goloso e il lussurioso che devono vivere di piacere». Sembra di stare di nuovo con Dante fra balze e gironi affollati di peccatori. Ma il Papa non condanna, come il padre della poesia italiana; il punto è che l'invidioso si condanna da solo, legandosi mani e piedi ai propri desideri incontrollati. Scatta una nuova, altrettanto inedita, raffinata classificazione: «La gola è un'ipocrisia dello stomaco, siamo schiavi di un'ipocrisia dello stomaco». Insomma, par di capire, la gola simula un bisogno che non c'è. I vizi raccontano proprio la deriva dell'uomo schiavo di se stesso. L'elenco di Francesco è lungo e inquietante: «L'ansia del possesso distrugge l'avaro sempre in cerca di soldi, il fuoco dell'ira e il tarlo dell'invidia rovinano le relazioni; l'accidia che scansa ogni fatica rende incapaci di vivere; il goloso, il lussurioso, l'avaro, l'iracondo, l'invidioso, l'accidioso, il superbo sono schiavi dei loro vizi che li tiranneggiano e li tormentano».

Il catalogo sembra un'incursione nel medioevo dei nostri studi liceali, ma se si gratta sotto la superficie si vedrà che la lezione di Francesco è attuale e tarata sulle fragilità dell'uomo di oggi. Con vista sul Cupolone, sui corvi e i vari Vatileaks. Ora lo scandalo degli scandali è la pedofilia e il Papa sembra dare una risposta anche su questo fronte, convocando per febbraio tutti i presidenti delle Conferenze episcopali per discutere sulla «Protezione dei minori».

Ai fedeli riuniti in piazza San Pietro spiega invece che il colore da cercare è quello della libertà e la libertà è il grande regalo che Gesù Cristo ha portato agli uomini: «L'amore vero è la vera libertà». Quella che coglie tutte le sfumature della realtà.

Anche le più sottili.

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