Cronache

Lavoro minorile, in Italia sono oltre 340mila sotto i 16 anni

Ventottomila di loro inoltre, sono coinvolti in attività molto pericolose per la loro sicurezza e salute.

Lavoro minorile, in Italia sono oltre 340mila sotto i 16 anni

Cuciono scarpe da ginnastica, fanno palloni o sgusciano gamberetti. Sono loro, i bambini che lavorano sottopagati, nei settori più disparati

L’Africa subsahariana è l’area del mondo con la pù alta incidenza di minori al lavoro. In Asia invece se ne stimano 78 milioni, in America Latina e nei Caraibi 13 milioni, in Medio Oriente 9.2 milioni e nel Nord Africa sono pari all’8,4% della popolazione minorile.

Ma il lavoro minorile è presente anche in Italia e riguarda almeno 340mila ragazzi al di sotto dei 16 anni. Ventottomila di loro inoltre, sono coinvolti in attività molto pericolose per la loro sicurezza e salute.

I dati sono stati forniti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro e da Save the Children che in una nota hanno affermato: “Ci ritroviamo a constatare una mancanza di attenzione al lavoro minorile nel nostro Paese, sia in termini di monitoraggio del fenomeno, che di azioni specifiche per prevenire e contrastare il fenomeno, anche nelle sue forme peggiori, nonostante si tratti di un problema presente e che rischia di peggiorare, anche a causa della crisi economica”.

Secondo la ricerca Game Over di Save the Children, il 7% dei minori nella fascia di età 7-15 anni in Italia è coinvolto nel lavoro minorile. Più di 2 minori su 3 (fra 14 e 15 anni) sono maschi e circa il 7% è un minore straniero. L'11% degli adolescenti che lavorano - pari a circa 28.000 - sono coinvolti nelle forme peggiori di lavoro minorile, con orari notturni o con un impegno continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, di non avere neanche un spazio minimo per il gioco e il divertimento o per il necessario riposo.

Lavorano per lo più in attività di famiglia (44,9%), mentre per ciò che riguarda i minori impiegati all'esterno del circuito familiare, i settori principali sono quello della ristorazione (43%), dell'artigianato (20%) e del lavoro in campagna (20%).

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