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Un leader commissariato che paralizza il Paese

Matteo Renzi ha ancora il controllo della maggioranza del partito. Ma il Pd non è più casa sua

Un leader commissariato che paralizza il Paese

Ho dovuto passare, non perché masochista ma per ovvi doveri professionali, il pomeriggio di ieri a vedere in diretta tv la direzione del Pd annunciata come l'ultima dell'era Renzi. A occhio c'erano proprio tutti: amici, nemici, nuovi e vecchi oppositori. Lascio ai colleghi esperti il compito dell'analisi politica di un mondo che poco conosco e che non mi appassiona. Ho capito che Renzi è un leader commissariato, che per lui sarà dura portare a casa la pelle e che nulla, da quelle parti, sarà più come prima. Ma una cosa, soprattutto, mi ha colpito: quegli uomini si odiano l'un con l'altro, le parole trasudano rancore e ricatti. I convenuti si rinfacciano, con malcelato sarcasmo, addebiti più di quanto avvenga tra marito e moglie in una causa di separazione per colpe gravi.

Matteo Renzi ha ancora il controllo della maggioranza del partito, come dimostra la votazione finale sul «congresso subito». Ma il Pd non è più casa sua, o se volete Renzi non è più il segretario della minoranza e difficilmente potrà esserlo ancora a lungo. Non importa se ci sarà una scissione a breve. Quando la rottura dei rapporti umani raggiunge il livello di ieri nulla è più ricomponibile perché un partito, pur non essendo un circolo di gentiluomini o di dame della carità, è pur sempre una comunità che si fonda, se non sulla lealtà assoluta, almeno sulla convenienza a stare insieme. Nel Pd non ci sono più né l'una né l'altra. È evidente che Renzi se dovesse restare in sella non farebbe prigionieri tra i suoi oppositori, è un fatto che gli oppositori mai molleranno la presa alla giugulare fatta un minuto dopo la clamorosa sconfitta al referendum.

Sta venendo al pettine il nodo di una storia anomala, quella del più grande partito della sinistra europea finito in mano a ex democristiani quali sono Renzi, Franceschini, Del Rio e tanti altri. Una beffa che farebbe anche ridere, se non avesse il drammatico esito di paralizzare la vita politica e quindi il Paese. In questo, Renzi è un po' come l'Avvocato Agnelli, secondo il quale il bene della Fiat (in questo caso del Pd) coincideva con il bene dell'Italia. Poi abbiamo scoperto che intascava i guadagni e faceva pagare a noi le perdite. E infatti ieri abbiamo scoperto che nell'ultimo anno perfino la Grecia ci ha superato in crescita.

Renzi pensa a salvarsi, noi paghiamo.

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