Cronache

"L'omosessualità è una malattia": bufera sulla tesi del prof che educa all'affettività

Le schede fornite agli alunni parlano dell'omosessualità come di una pulsione dalla quale si può guarire

"L'omosessualità è una malattia": bufera sulla tesi del prof che educa all'affettività

Un programma di educazione sessuale che insegna agli alunni delle scuole medie che non sempre il desiderio erotico è adeguato alla propria umanità, come nel caso dell'omosessualità.

Sarebbe accaduto in una scuola media del Bergamasco dove sembra che un insegnante di matematica abbia fornito ai suoi studenti delle schede, in merito ad alcune lezioni di educazione all'affettività e alla sessualità. Lo riferisce il Corriere della Sera, specificando, però, che l'istituto non ha risposto alle richieste di chiarimento, né fornito una sua versione dei fatti. Le schede, però, esistono. In particolare, la scheda numero dieci, intitolata "Quando il desiderio non è adeguato alla propria umanità", riporta un paragrafo sulla "Sessualità immatura e incompiuta", di cui fa parte anche l'attrazione omosessuale.

Nella parte di approfondimento dedicato all'omosessualità si legge: "Una pulsione erotica rivolta a persone del proprio sesso non è ufficialmente considerata una malattia se non in quanto comporta uno stato di disagio cioè di sofferenza, per l’evidente contraddizione tra l’attrazione che si prova e il corpo che si ha. L’omosessualità potrebbe essere causata dalla percezione di inadeguatezza di sé rispetto alla propria identità sessuale. Facendosi aiutare da un bravo psicologo è possibile che la pulsione omosessuale con il tempo muti".

Ma"rivolgersi a ragazzi così giovani con certi concetti di disagio e malattia può ingenerare in loro l’idea di essere ammalati", perché passa il concetto che l'omosessualità sia una malattia. A sostenerlo è il presidente dell'Arcigay di Bergamo, che aggiunge: "Educare è un’opera delicata e difficile, che deve essere portata avanti con grande attenzione", soprattutto se si tocca la sfera della sessualità.

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