Cronache

L'Open Arms ora accusa l'Italia: "Colpa vostra i migranti morti"

L'accusa della Ong spagnola contro l'Italia e la Libia: "Open Arms avrebbe potuto salvare i 100 migranti morti, ma il suo appello è stato ignorato"

L'Open Arms ora accusa l'Italia: "Colpa vostra i migranti morti"

L'accusa, dura e eccessiva, arriva dalla Ong Poactiva Open Arms. E carica sulla coscenza dell'Italia il peso dei 100 migranti morti ieri sera in un naufragio al largo delle coste libiche. Come se non fossero stati trafficanti, che li hanno stipati su una barca troppo piccola e con un motore malandato, a provocarne l'annegamento.

In un video pubblicato dall'europarlamentare Javi Lopez, il fondatore dell'associazione, Oscar Camps, punta il dito contro il Beplaese, colpevole di non aver fatto affidamento sulle Organizzazioni non governative per salvare i disperati sul gommone. "Ieri 100 persone sono state uccise nel relitto di una barca al largo della costa libica - scrive l'eurodeputato nel tweet - Open Arms avrebbe potuto salvarli ma è stato ignorata dalle autorità libiche e italiane. Oscar Camps ci dice in questo video che non è stato loro permesso di agire". E le parole del fondatore sono durissime: "Tranquillo, Salvini, non erano italiani. Erano solo 'carne umana". E dalla Astral, l'altra imbarcazione di Proactiva, Riccardo Gatti è ancora più diretto: "Ieri abbiamo ricevuto la richiesta di soccorso da parte di una barca con cento persone a bordo, ma l'MRCC italiano ci ha detto che i libici si sarebbero occupati del soccorso, poi abbiamo letto dei cento dispersi". L'accusa è chiara: "Stanno togliendo di mezzo operativi di soccorso esperti come noi, che da anni salviamo le persone in mare. Nelle ultime due settimane, ci sono stati tantissimi naufragi ma non se ne parla perché siamo coperti da queste grida contro le Ong".

Nel gommone naufragato erano presenti oltre 120 persone. Solo 16 sono sopravvissute e tra i morti ci sono almeno tre bambini. L'imbarcazione è entrata in difficoltà in area Sar libica. Spettava dunque a Tripoli, e non a Roma, coordinare le operazioni di salvataggio. Eppure per l'Ong spagnola la colpa è del governo giallo-verde.

A ricostruire quanto accaduto è stato il quotidiano spagnolo eldiario.es, che ha inviato a bordo una reporter. Tutto inizia quando la Open Arms ascolta, sul canale 16 della radio, una comunicazione da parte di un aereo militare europeo indirizzata alla Guardia costiera libica. Il messaggio parla di un gommone in difficoltà nell'area di Al-Khums, vicino alla costa di Tripoli. L'Ong, in quel momento, si trova a circa 80 miglia dal luogo del naufragio.

Sono tra le 9.00 e le 9.10 del mattino. Il capitano Marco Martínez Esteban annota tutto nel diario di bordo. Ma la Open Arms è tagliata fuori, non può intervenire. "È molto lontano e hanno avvertito i libici, siamo con il diesel al limite - ha detto Esteban al eldiario.es - Non possiamo accelerare per arrivare in orario". E così la palla passa alla guardia costiera libica. Intorno alle 10.30 arriva un avviso ufficiale da Malta: "Una zattera in pericolo con circa 100 persone a bordo, le navi nell'area inviano le posizioni e assistono se necessario". La Ong spagnola, nonostante il carburante al limite, chiama l'Mrcc di Roma per proporsi di andare a recuperare gli immigrati. Il gioco è semplice: se Roma avesse dato il via libera alla nave umanitaria, avrebbe assunto il comando dell'operazione. E così i migranti, una volta recuperati, sarebbero dovuti sbarcare in Sicilia. "Abbiamo ricevuto l'avviso - avrebbe detto, secondo il quotidiano spagnolo, il capo-missione Guillermo Cañardo all'Mrcc italiano - questa è la nostra posizione, hai bisogno che andiamo?". Ma la risposta è negativa: "Niente, quello che abbiamo immaginato, è già tardi, i libici sono già lì, li hanno raccolti".

La smentita, ufficiale, arriva però dalla Marina di Tripoli. Il portavoce, l'ammiraglio Ayoub Qassem, ha escluso responsabilità italiane e ha spiegato all'Agi che "il naufragio è avvenuto in acque territoriali libiche e la Guardia costiera non poteva intervenire in alcun modo". E lo stesso ha fatto, in una nota, la nostra marina: "In merito all'evento SAR avvenuto nella giornata di ieri e per il quale risultano dispersi circa 100 migranti - si legge - si informa che lo stesso è accaduto in acque territoriali libiche e non ha visto in alcun modo il coinvolgimento della Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma". Tradotto: se l'Ong avesse voluto prestare il suo aiuto, avrebbe dovuto telefonare a Tripoli (non Roma) e collaborare con i guardiacoste per portare i migranti in Libia. Ma non l'ha fatto.

Le posizioni delle Ong e del governo italiano sembrano in effetti inconciliabili. I natanti umanitari intendono rimanere veri protagonisti delle operazioni di soccorso nel mar Mediterraneo, ruolo che l'Italia intende invece affidare alla Libia (quando i naufragi - come sempre accade - avvengono in acque di competenza di Tripoli). Ed è per questo che oggi Oscar Camps e compagni si sono disinteressati dell'arrivo della marina libica e si sono "fiondati" sul posto per recuperare 59 clandestini prima che Tripoli potesse caricarli sulle navi e riportarli indietro.

Il dramma di ieri, con oltre 100 migranti morti, è certo una disgrazia. "A indignarci - diceva ieri Oscar Camps in un video su Fb - non è solo la perdita di vite umane, ma anche il fatto che non abbiano fatto affidamento sulle imbarcazioni" umanitarie. "All'impriovviso si disinteressano di noi, ci ognorano, non ci chiamano e la gente continua a morire a poche miglia da dove ci troviamo".

Ma eventi simili accadevano anche quando ben 13 imbarcazioni delle Ong pattugliavano in lungo e in largo il mare nostrum. Di chi era, allora, la colpa?

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