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L'ultima scommessa di Fi: portare al voto gli astenuti

Aneddoto. Un mese prima dell'ultima corsa al Quirinale, quella che portò al bis di Mattarella, due personaggi dell'ala governativa e pragmatica del centrodestra come Giancarlo Giorgetti e Guido Crosetto mandarono messaggi a Silvio Berlusconi

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Aneddoto. Un mese prima dell'ultima corsa al Quirinale, quella che portò al bis di Mattarella, due personaggi dell'ala governativa e pragmatica del centrodestra come Giancarlo Giorgetti e Guido Crosetto mandarono messaggi a Silvio Berlusconi per dirgli tra il serio e il faceto - come si fa quando si sonda una possibilità - che sarebbero stati interessati a dare il loro apporto (...)

(...) a Forza Italia. Non se ne fece niente ma ancora oggi il ministro della Difesa quando parla con Antonio Tajani non manca di dirgli: «Il mio cuore è ancora con voi». La ragione è semplice, nella sua lungimiranza Berlusconi ha collocato la sua creatura in una posizione strategica: in un'area moderata e centrale che guarda a destra. E in quell'area è ancora oggi la principale offerta politica di un certo peso (grazie alle divisioni della galassia centrista) che ha a disposizione quell'elettorato moderato - formato da imprenditori, ceto medio e partite Iva - che in questi anni è andato via via gonfiando la percentuale dell'astensione. Se gli elettori che trent'anni fa diedero il voto a Forza Italia tornassero alle urne, terremoterebbero di nuovo gli attuali equilibri politici.

La scommessa di Antonio Tajani e compagni per avere un futuro è tutta qua: riaggregare quello che fu il popolo di Berlusconi, sfruttando i segnali di stanchezza che provengono dalla società verso il populismo di destra e di sinistra. Se l'operazione riuscisse Forza Italia potrebbe tornare a dare le sue carte, altrimenti dovrà acconciarsi a un futuro senza gloria che gli assicuri solo la sopravvivenza. Un epilogo simile a quello delle tante metamorfosi che nel tempo hanno adottato i profughi della Dc, dal Ccd all'Udc.

In teoria le chance ci sono. Gli argomenti sui quali Berlusconi forgiò Forza Italia sono ancora attuali, dal fisco alla giustizia. Come pure la collocazione internazionale: gli azzurri sono gli unici nel centrodestra ad appartenere ad una delle grandi famiglie politiche europee, i popolari, mentre i loro alleati, da Fdi alla Lega, sono dediti alle sperimentazioni. La Meloni sogna un partito conservatore tutto da costruire, Salvini nella sua voglia di revanche accarezza pure la destra europea. Segnali incontrovertibili che per ora condizionati da un perverso meccanismo concorrenziale non riescono a staccarsi dal populismo di destra, cioè si collocano su una posizione speculare a quella della Schlein sul versante opposto. Cosa ben diversa da quel populismo moderato che ha sempre contraddistinto il Cav. Per fare un esempio, malgrado Donald Trump si sia sempre paragonato a Berlusconi, il Cav ha sempre rifiutato quell'accostamento. E a chi in sua presenza azzardava il paragone rispondeva quasi seccato: «Io non c'entro un tubo con quello là». Meloni e Salvini hanno invece avuto tutte e due un flirt con Donald il rosso.

Gli epigoni del Cav vogliono continuare nel solco del fondatore di Forza Italia e mostrano un certo ottimismo. «Io - spiega Antonio Tajani - voglio riportare i moderati che hanno disertato le urne a votare. E qualcosa si sta muovendo. Se nelle prossime elezioni europee centriamo un risultato tra l'8 e il 10% potremmo puntare alle politiche tranquillamente a superare il 15%. E a giugno, magari mi sbaglierò, ma credo che avremo un risultato superiore alla Lega».

Insomma, gli eredi di Berlusconi vogliono giocare la loro partita al punto che Tajani non pensa in alcun modo all'ipotesi del partito unico del centrodestra che pure aveva tentato l'ultimo Cav: «Noi - spiega - abbiamo la nostra identità». In fondo ha le sue ragioni: la competizione tra Salvini e la Meloni gli lascia ampi margini di manovra.

Per calare, però, la teoria nella prassi la leadership azzurra dovrebbe essere più dinamica, più intransigente nella difesa della sua identità programmatica. Dovrebbe avere la consapevolezza che senza di lei il centrodestra non vince. E aprirsi, essere inclusiva e riaggregare tutto ciò che si muove nell'area centrale. Secondo la lezione del Cav. Dovrebbe far proprie le parole di un Papa che fu amato molto da Berlusconi. Quel «non abbiate paura» di Papa Wojtyla si attaglia come non mai all'attuale momento degli azzurri.

Augusto Minzolini

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