Politica

È il momento della verità per l'esecutivo gialloverde

È il momento della verità per l'esecutivo gialloverde

Il momento della verità è finalmente arrivato. Perché quello di domani è a tutti gli effetti una sorta di voto di midterm. Si va alle urne per disegnare il nuovo Parlamento europeo, ma la ricaduta a Roma sull'autoproclamato «governo del cambiamento» sarà inevitabile. In un senso o nell'altro. Al netto di alcuni fattori esterni - come le inchieste giudiziarie e la tenuta dei mercati - il risultato che uscirà dalle urne è infatti destinato a condizionare pesantemente la tenuta dell'asse M5s-Lega e l'esecutivo di Giuseppe Conte.

Quattro i numeri chiave della partita elettorale: 50, 30, 25 e 10. Ma andiamo con ordine. Il dato «indicatore» sarà la somma dei voti di M5s e Lega. Alle politiche del 4 marzo 2018 alla Camera hanno superato di una manciata di voti la soglia del 50%. Per l'esattezza 50,03, unico Paese europeo dove più della metà degli elettori si sono espressi per partiti populisti. È chiaro che se lunedì mattina il saldo sarà superiore (come dicono i sondaggi), non potrà che essere un segnale a favore del governo, nonostante questi dodici mesi di guerra permanente tra M5s e Lega. Ancora più centrale, però, sarà il dato del solo Carroccio. Quotato addirittura al 35% solo un mese fa, nelle ultime rilevazioni il partito di Matteo Salvini ha subito una discreta flessione. Il 30% diventa, quindi, una sorta di soglia psicologica, nonostante solo un anno fa la Lega fosse «solo» al 17,3%. Sopra il 30, infatti, Salvini vedrà confermata «senza se e senza ma» la sua leadership e sarà lui e solo lui a decidere il destino del governo. Sotto tale quota, invece, i tanti colonnelli che da mesi lo invitano a «staccare la spina» avranno dalla loro la flessione delle ultime settimane. Un calo che attribuiranno senza esitazione al malcontento di elettori e imprenditori del Nord, insoddisfatti da quanto fatto dal governo per rilanciare l'economia. Con una Lega sotto quota 30, insomma, è probabile che Salvini sia più disponibile ad ascoltare le richieste che gli arrivano dagli Attilio Fontana (Lombardia), Luca Zaia (Veneto) e Massimiliano Fedriga (Friuli-Venezia Giulia), nonché da Giancarlo Giorgetti. D'altra parte, se mettere o no fine all'esperienza di governo è una decisione tutta in carico al leader della Lega, visto che la strategia del M5s sembra quella di restare aggrappati a Palazzo Chigi comunque vada. Per loro, la soglia psicologica è quella del 25%, comunque oltre sette punti in meno del 32,7 delle politiche 2018. E ovviamente avrà un peso la forbice con la Lega, destinata comunque a ribaltare gli equilibri usciti dalle urne un anno fa. E il 25% - anche se in questo caso come proiezioni ottimistica e non pessimistica - potrebbe essere un numero chiave anche per il Pd. A dire il vero, ai dem andrebbe bene anche un risultato di qualche punto inferiore, che sarebbe comunque meglio del 18,7 dello scorso 4 marzo. Ma sia per il Pd che per il M5s sarà decisiva la forbice tra i due partiti. Un sorpasso dei dem, infatti, potrebbe fare traballare la leadership di Di Maio. Ma anche se il Pd si limitasse a piazzarsi a un'incollatura per i Cinque stelle sarebbe un bel problema.

Quota 10% è invece il numero magico di Forza Italia. Gli ultimi sondaggi danno il partito di Silvio Berlusconi in risalita, ma restare a due cifre significherebbe confermare che gli azzurri restano centrali per la tenuta del centrodestra. Un messaggio diretto anche a Salvini, che - dicono i malpensanti - sarebbe riluttante a staccare la spina al governo perché questo lo costringerebbe a ritornare a patti con Forza Italia. Finirebbe congelato, insomma, il suo progetto di egemonia sul centrodestra. In questo quadro, sarà importante vedere anche il risultato di Fratelli d'Italia, visto che Giorgia Meloni si propone a Salvini come seconda gamba della coalizione al posto di Forza Italia. Se resterà incollata al 5% è difficile che l'operazione possa davvero avere uno sbocco. Diverso, invece, se Fdi si avvicinerà al risultato degli azzurri.

È su questi quattro numeri chiave, dunque, che si gioca il futuro della maggioranza gialloverde.

Un mix imprevedibile, almeno fino alle 23 di domani, quando prima gli exit poll e poi le proiezioni di voto inizieranno a tracciare una strada.

Commenti