Cronache

Msf torna di fronte alla Libia. ​La sfida della Ong a Salvini

La Aquarius leva l'àncora dopo un mese. Medici Senza Frontiere avverte: "Rifiuteremo l'ordine di sbarcare in Libia"

Msf torna di fronte alla Libia. ​La sfida della Ong a Salvini

Medici senza frontiere e Sos Mediterranée tornano in mare. E lo fanno mettendo in chiaro, evidentemente, che non intendono seguire le indicazioni del ministro dell'Interno italiano (e dell'Imo) sulla responsabilità della Libia nelle operazioni che verranno realizzate in area Sar libica.

Era più di un mese che la Aquarius, nave da 500 posti e 3 imbarcazioni di soccorso, non levava l'àncora. Il motivo, scrive oggi Msf in un dettagliato comunicato stampa, sono i "netti cambiamenti avvenuti nel contesto del Mediterraneo centrale, che hanno avuto serie ripercussioni sulle attività di soccorso". Tradotto: da quando il Belpaese ha avviato la collaborazione con la Libia e il Viminale ha chiuso i porti alle Ong la musica è cambiata. E la vita per le organizzazioni umanitarie nel "mare nostrum" si è fatta più difficile.

Lo sanno bene Mission Lifeline e Opern Arms, che negli ultimi mesi hanno assaggiato l'intransigenza italiana e il braccio di ferro di Roma con gli altri Paesi Ue (Malta, Francia e Spagna) per avviare una redistribuzione dei naufraghi prima che questi potessero sbarcare tutti in Sicilia.

Di certo Salvini non si è guadagnato la stima e l'affetto delle Ong. "Questo disprezzo per la vita umana è spaventoso”, attacca Aloys Vimard, coordinatore di MSF a bordo della Aquarius. "Le organizzazioni umanitarie impegnate in attività di ricerca e soccorso sono state criminalizzate e bandite dai porti in Italia e Malta", ribadisce la nota. E ha ragione la Vimard a dire che "oggi" sono "pochissime" le "navi umanitarie rimaste in mare". La musica è cambiata. Anche l'Ue si appresta a rivedere i piani operativi della missione Sophia e a giugno l'Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) ha riconosciuto il nuovo Centro di Coordinamento Congiunto di Soccorso (JRCC) libico.

Potrebbero sembrare passaggi burocratici. Ma non è così. La nascita del JRCC di fatto solleva l'Italia dal dover coordinare tutti i soccorsi del Mar Mediterraneo, arretrando la linea di responsabilità all'interno della propria zona di ricorso e soccorso. Nel tratto di mare dove di solito vengono recuperati i barconi adesso è Tripoli a comandare: sono loro a decidere come mettere in atto il salvataggio e – soprattutto - dove riportare i migranti recuperati a bordo. Le navi che pattugliano quelle zone devono coordinarsi con il Jrcc e sottostare alle sue indicazioni. Ong comprese.

Lo abbiamo visto ieri con il caso della Asso 28, la nave battente bandiera italiana che ha trasportato a Tripoli un centinaio di immigrati soccorsi vicino ad una piattaforma petrolifera. La sinistra parla di "respingimento", ma non è così: è stata la Libia a coordinare i soccorsi e sono dunque loro a decidere il destino dei profughi. Tutto nelle regole. Altrimenti perché l'IMO avrebbe riconosciuto il centro di coordinamento libico?

Il fatto è che, a quanto si apprende dal comunicato ufficiale, non sembra che la Aquarius intenda coordinarsi con Tripoli. Msf assicura che la nave "continuerà a soccorrere persone in difficoltà in mare nel pieno rispetto del diritto marittimo" e che "continuerà a coordinare la propria attività con tutte le autorità marittime competenti nel rispetto delle convenzioni internazionali marittime". Ci sono però degli importanti distinguo.

Msf infatti "non sbarcherà in Libia persone soccorse in mare" perché Tripoli "non è un posto sicuro per rifugiati, richiedenti asilo e migranti" che devono poter "chiedere la protezione a cui potrebbero avere diritto" senza subire "ulteriori abusi e violazioni". Bene. Ora però resta da capire come si tradurrà questa affermazione.

Se la Aquarius recuperasse (su indicazione di chi?) un barcone in area Sar della Libia, cosa farà? Contatterà la Libia o Roma? Se chiamasse Roma questa, con ogni probabilità devierebbe la chiamata verso Tripoli. A quel punto il Jrcc (come successo per la Asso 28) chiederebbe all'Ong di virare verso i suoi porti. Ma poiché Msf rifiuterà "qualunque ordine da parte delle autorità marittime di sbarcare in Libia le persone soccorse in mare o di trasferirle su qualunque altra nave che le porterebbe" in Africa, allora ci ritroveremmo con un nuovo caso Acquarius o Diciotti.

Con le imbarcazioni in stallo in alto mare fino ad un accordo politico.

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