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Napoli, tra i Decumani della Forcella rinati grazie a sarti e pizzerie

Tra i vicoli della Forcella, quartiere di Napoli in passato famoso per le attività camorristiche e ora "regno" di artigiani e pizzaioli famosi

Napoli, tra i Decumani della Forcella rinati grazie a sarti e pizzerie

Via dei Tribunali ha un aspetto secolare che non perde fascino nonostante i tanti negozi per turisti. La via segue lo stesso tracciato dell’antico decumano greco che le sta sotto. Questa parte della città era il centro 2300 anni fa e lo è ancora. I turisti la percorrono ogni giorno per andare a vedere il Duomo o la miriade di altri monumenti sparsi qua e là nel centro (guarda le foto).

Il reticolato stradale romano

Girando in uno dei tanti vicoli dietro via Duomo tutto cambia, diventa trasandato e un po’ spettrale. Le vie sono affollate dalle signore africane, nuove regine dei “bassi” di Forcella. Alcune hanno abiti coloratissimi fatti con i classici tessuti africani. Le geometrie dei tessuti ricordano i reticolati delle strade di questa zona che non sono mai cambiate dal tempo dei greci e romani. I vicoli lunghi e stretti tagliano orizzontalmente i tre Decumani.

Un mondo complesso

Forcella è un mondo strano, convivono vie turistiche, pizzerie in cui si attende anche un’ora per mangiare, sarti di fama mondiale e vicoli bui i cui palazzi hanno lo stesso aspetto di vetri antiproiettile andati in frantumi, ma ancora in piedi. Tutto sembra molto fragile eppure resiste da secoli.

Il quartiere lambisce la zona a ridosso della stazione Garibaldi. La piazza centrale, a forma di “y” è stata sopranominata dal popolo Forcella. Il soprannome pian piano è diventato il nome del quartiere. La piazza è costellata da negozietti e bancarelle che le danno un aspetto molto caratteristico.

I problemi

La zona in passato è stata tristemente conosciuta per l’attività criminale di alcune famiglie camorristiche, ma nonostante le tante tragedie ha saputo piano piano integrarsi di nuovo con i Decumani e il suo flusso turistico continuo.

Un ruolo importante lo ha avuto Don Luigi Merola che dal 2000 fino al 2007 fu parroco della chiesa di San Giorgio Maggiore. Il prete ha lottato in tutti i suoi anni di permanenza nel quartiere per rompere l’omertà e per convincere i ragazzi a rischio ad allontanarsi dalla camorra.

La Forcella greca ed ebraica

La toponomastica delle vie racconta molto del passato della zona. Via della Giudecca Vecchia oggi è una zona piuttosto malandata. Qui, prima della cacciata degli ebrei da parte degli spagnoli, esisteva una delle tre giudecche della città. Fin dai tempi di Pompei in Campania esistevano comunità ebraiche. Oggi immaginarsi le voci dei rabbini che risuonano per le strade di Forcella richiede un certo sforzo d’imaginazione e perfino la lapide di pietra in cui c’è scritto via della Giudecca Vecchia è per metà cancellata. Eppure le pietre di questi palazzi sono stati testimoni delle passioni, della gioia di vivere, delle emozioni, delle tristezze, delle sconfitte, delle nascite e morti dei tanti ebrei che qui hanno vissuto fino al 1500.

Un’altra pietra che sicuramente è stata testimone di moltissime storie è il Cippo a Forcella, in napoletano Cipp' a Furcella. In realtà non è un cippo, ma i resti della vecchia cinta muraria di Neapolis.

Si tratta molto probabilmente dei resti di una porta difensiva della cinta muraria, la porta Herculanensis. Essendo l’area archeologica più antica di Napoli, datata il III secolo dopo Cristo, dire che qualcosa "S'arricorda 'o Cipp' a Furcella" significa che è una cosa molto vecchia.

La street art

Nel settembre 2015 l’artista Jorit ha realizzato in Piazza Crocelle ai Mannesi il grande volto di San Gennaro. Lo street artist ha restituito alla città una versione contemporanea del volto del santo, ispirata a un suo amico, un giovane operaio. Il progetto è stato curato da Inward Osservatorio sulla Creatività Urbana e da Stefano Maria Capocelli, con il patrocinio della Eccellentissima Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro, del Museo del Tesoro di San Gennaro e con il supporto tecnico del Comune di Napoli.

L’opera è stata talmente amata dalla gente del quartiere che per la prima volta nella storia dell'arte urbana, un lavoro di street art ha ricevuto una benedizione dal parroco della Chiesa di San Giorgio Maggiore.

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