Cronache

Niccolò Bettarini rischiò la vita: lo dicono i giudici

I 4 giovani aggressori del figlio di Stefano Bettarini e Simona Ventura sono stati condannati a pene tra i 5 e gli 8 anni di reclusione: è quanto disposto dalla corte d'appello di Milano

Niccolò Bettarini rischiò la vita: lo dicono i giudici

Le 9 coltellate con cui Niccolò Bettarini fu ferito il 1 luglio 2018 fuori dalla discoteca Old Fashion di Milano furono indirizzate tutte alla parte superiore del corpo, "dove hanno sede organi vitali", di conseguenza, "gli atti posti in essere dagli imputati erano idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della parte lesa". A scriverlo sono i giudici Patrizia Re, Guido Brambilla e Raffaella Zappatini, nelle motivazioni di sentenza del 28 ottobre con cui sono state confermate le condanne per i 4 giovani aggressori del figlio della conduttrice televisiva Simona Ventura e dell'ex calciatore (ed ora opinionista tv) Stefano Bettarini. Come si legge dall'agenzia AGI sono stati confermati 8 anni per Davide Vaddeo, il quale impugnò materialmente il coltello, 6 anni e 4 mesi ad Albano Jackej, 5 anni e 6 mesi nei confronti di Alessandro Ferzoco e 5 anni per Andi Arapi. Pene che, secondo quanto asserito dalla corte di appello di Milano, si rivelano in verità "congrue", se non addirittura "contenute".

Niccolo Bettarini rischiò di perdere la vita

I 9 colpi inferti a Niccolò Bettarini in data 1 luglio 2018 all'uscita del locale milanese Old Fashion avrebbero potuto causare la morte del giovane, figlio di Simona Ventura e Stefano Bettarini. A chiarirlo sono le motivazioni della sentenza di secondo grado scritte dalla corte di appello di Milano. La sentenza, espressa lo scorso 28 ottobre, ha condannato i 4 giovani ritenuti responsabili del tentato omicidio nei confronti di Niccolò. Pene che vanno dai 5 agli 8 anni di carcere. Secondo quanto scritto dai giudici, gli aggressori hanno "agito allo scopo di provocare" a Bettarini "un male non commisurabile, sicuramente gravissimo".

Riguardo l'autore materiale del ferimento, egli ha "diretto, con sicura ed univoca volontà i colpi alla parte superiore del corpo, ove sono collocati gli organi vitali". La corte precisa come il ragazzo scampò alla morte grazie alla sua "corporatura molto robusta" e per l'intervento da parte di alcuni amici giunti "in suo soccorso".

Ad ottobre la corte d'appello ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Giulio Benedetti di rideterminare le pene inflitte in primo grado ad Albano Jakej (condannato inizialmente a 6 anni e mezzo, ridotti ora a 6 anni e 4 mesi) e Davide Caddeo (da 9 a 8 anni). Confermati invece i 5 anni per Andi Arapi e 5 anni e 6 mesi per Alessandro Ferzoco, così come la provvisionale di 200 mila euro per Niccolò Bettarini.

All'interno delle motivazioni i giudici hanno osservato, inoltre, come "l'esame della idoneità degli atti a cagionare la morte della vittima deve essere condotto non già con riguardo all'entità delle lesioni sofferte dalla parte lesa, bensì alle modalità dell'azione".

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