Cronache

Papa Francesco ad Auschwitz prega davanti alla forca

Il Pontefice ha pregato a lungo davanti alla piazza delle impiccagioni. Poi la visita alla cella di Kolbe

Papa Francesco ad Auschwitz prega davanti alla forca

La porta del campo di sterminio l'ha attraversata da solo, in commosso silenzio. Così Papa Francesco è entrato ad Auschwitz, oltrepassando quel cancello con la tragica scritta Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi), tappa della sua visita in Polonia.

Il Pontefice si è fermato sulla piazza dell'appello e qui è rimasto per diversi minuti, pregando in silenzio. Qui avvenivano le impiccagioni dei prigionieri. Poco distante il muro della morte, dove si eseguivano le fucilazioni.

Un quarto d'ora di silenzio, mani giunte e occhi semichiusi, poi il bacio a un palo della forca delle impiccagioni. Il Papa è poi salito su un piccolo kart che lo ha accompagnato al Blocco 11, per visitare le camerate dove i prigionieri erano detenuti e incontrare i sopravvissuti delle vittime.

Nel Blocco una tappa alla cella della fame, dove padre Massimiliano Kolbe morì da martire, offrendosi come agnello sacrificale in cambio di un padre di famiglia, accusato di cospirazione.

"Signore abbi pietà del tuo popolo, Signore perdona per tanta crudeltà". Questo il pensiero che Papa Francesco ha scritto sul libro d'onore del Campo di concentramento di Auschwitz. Quindi si è avviato a piedi verso l'ingresso per proseguire la sua visita nell'adiacente canpo di Birkenau dove lo attendono un centinaio di "giusti delle nazioni" che salvarono ebrei, con i loro familiari.

Vorrei poter stare un pò vicino a ogni bambino malato, accanto al suo letto, abbracciarli ad uno ad uno, ascoltare anche solo un momento ciascuno di voi e insieme fare silenzio di fronte alle domande per le quali non ci sono risposte immediate. E pregare". E' il desiderio confessato da PapaFrancesco, in visita all'ospedale pediatrico di Prokocim a Cracovia, accolto dalla premier polacca Beata Maria Szydlo.

Ad ascoltare il Pontefice, una cinquantina di bambini ricoverati nel nosocomio, con i loro genitori.

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