Cronache

Parla il pm del caso Meredith: "Amanda e Raffaele erano sulla scena del crimine"

La versione di Giuliano Mignini: "Difendevano Amanda aggredendo me". La Knox è atterrata in Italia

Parla il pm del caso Meredith: "Amanda e Raffaele erano sulla scena del crimine"

Il caso giudiziario è chiuso. Ma non si è ancora spenta la fiamma dell'attenzione mediatica. Amanda Knox torna in Italia dopo otto anni dalla scarcerazione e a quattro dalla sentenza definitiva di assoluzione emessa dalla Corte di Cassazione. L'omicidio di Meredith Kercher in quel maledetto novembre del 2007 fa però ancora parlare. E se da una parte la Knox avrà modo di dire la sua durante un festival della giustizia, dall'altra si fa sentire anche Giuliano Mignini, il procuratore di Perugia che indagò sull'assassinio della giovane studentessa inglese.

Nell'intervista rilasciata al mensile Nuova Cronaca, Mignini svela alcuni retroscena e si toglie qualche sassolino dalla scarpa. "Quando arrivai in via della Pergola (la villetta di Perugia dove Meredith viveva e fu uccisa) - racconta - chiesi al medico legale di misurare subito la temperatura rettale della vittima: è un esame molto utile per stabilire l’ora della morte. Ma la dottoressa Stefanoni, della Polizia Scientifica, mi pregò di aspettare. Se tornassi indietro non accoglierei quella richiesta".

Mignini oggi è sostituto alla Procura generale dell'Umbria e ricorda bene quei burrascosi anni del processo. L'attenzione mediatica tutta sul capoluogo, le pressioni, le difficoltà. “Devo ammettere - afferma - che, in effetti, il mio lavoro di pm si svolse sotto i riflettori degli States. Con un condimento di pregiudizio. Durante il secondo grado una signora urlò verso di me: 'You are evil'. Amanda, invece, disse che ero il sindaco di Perugia. Difendevano Amanda aggredendo me".

Domani la Knox parlerà al festival della giustizia penale di Modena in un dibattito sul "Processo mediatico al cospetto dell'errore giudiziario". Per Mignini, però, la condanna in primo grado non è stata una svista della giustizia italiana. “Non ho mai avuto alcuna ostilità nei confronti dei tre imputati. E di Amanda in particolare”, dice al direttore Marco Gregoretti nel numero di Nuova Cronaca in edicola da venerdì 14 giugno in allegato alla rivista Voi. "Non si è trattato di errore giudiziario. Negli Stati Uniti stentano a capire che in Italia abbiamo tre gradi di giudizio. Opzione che io mi sentirei di mantenere”.

Certo, dopo un susseguirsi di condanna, assoluzione, nuova condanna e ancora assoluzione, resta la sentenza finale della Quinta sezione della Suprema Corte. Una decisione, stabilita il 27 marzo del 2015, che "lascia un po’ perplesso" Mignini: “La Cassazione è entrata nel merito senza poterlo fare. E comunque anche quest’ultima sentenza colloca Amanda e Raffaele sulla scena del crimine.

Infatti sono stati assolti con formula dubitativa".

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