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Perché hanno paura di andare a casa

Perché hanno paura di andare a casa

Ci sono almeno tre buoni e veri motivi per cui non sarà facile che i grillini accettino facilmente di staccare la spina a questo governo e mettere fine alla legislatura. Nessuno dei tre ha a che fare con i temi di cui si discute dall'Europa alle tasse, dalla sicurezza alla Tav che sono poi quelli che decidono la sorte del Paese in un modo o nell'altro. È che l'anticasta una volta che si è fatta casta a partire dal premier per caso Giuseppe Conte - ha assaporato i profumi del potere, dei privilegi e delle luci della ribalta e ora con il cavolo che è disposta a rinunciare a tanto ben di Dio in nome della coerenza e dei principi politici.

Il primo motivo è che tra il limite dei due mandati in vigore nei Cinque Stelle e il prevedibile calo elettorale rispetto al risultato del marzo 2018, ben pochi tra gli attuali deputati e senatori grillini possono sperare di essere rieletti in caso di ritorno alle urne. Per la maggior parte di loro, andare a nuove elezioni vorrebbe dire ritornare a casa, cioè nell'anonima mediocrità e nelle ristrettezze economiche dalle quali erano venuti.

Il secondo motivo è che tra pochi mesi questo governo e questa maggioranza dovranno rinnovare i vertici delle casseforti di Stato. Sono infatti in scadenza amministratori e presidente di Enel, Eni, Terna, Finmeccanica-Leonardo e Poste, oltre che di una miriade di società minori. Un'abbuffata di poltrone, mega compensi e conseguenti prebende che farebbero gola a chiunque, figuriamoci a Di Maio e soci.

Il terzo motivo è ancora più ambizioso. Quella attuale è infatti la legislatura che eleggerà, sia pure fra tre anni, il successore di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Arrivare a quell'appuntamento al governo e in maggioranza significa ipotecare il futuro per altri sette anni, o comunque agevolarne non di poco il corso. È probabile, stando ai sondaggi, che andando al voto anticipato i Cinque Stelle in una nuova legislatura perderebbero in tutto o in parte questo enorme vantaggio (e Conte la speranza di salire al Quirinale).

Viceversa, Matteo Salvini avrebbe solo vantaggi a mettere fine all'avventura: porterebbe in Parlamento il doppio di leghisti e questo gli consentirebbe di dare le carte senza troppe mediazioni sia sulle nomine delle società controllate sia, un domani, nella scelta del nuovo capo dello Stato.

Così stanno le cose. L'ultimatum dato ieri dal premier ai due vice, ma soprattutto a Salvini, ha solo lo scopo di salvare lui e tutti loro.

Non certo noi.

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