Cronache

Prete confessa stupro a padre spirituale. E il giudice non la usa come prova

Un parroco del Monselicense ammette la molestia ai danni di un chierichetto al telefono con il padre spirituale. Il giudice ferma l'udienza: non si può usare come prova

Prete confessa stupro a padre spirituale. E il giudice non la usa come prova

Si possono utilizzare, oppure no? Le intercettazioni telefoniche in cui il parroco "confessa" al proprio psicoterapeuta e al proprio padre spirtuale lo stupro di un bimbo minorenne, si possono usare in un processo? Oppure sono coperte dal segreto professionale e dal segreto del confessionale?

Sono queste le domande cui dovrà dare risposta il giudice di Padova, Margherita Brunello. Il pm che contesta il reato al parroco, Roberto Piccione, ha chiesto infatti di utilizzare quei nastri che considera necessari per condannare il prete. La difesa, invece, è contraria, sostenendo che non possano essere rese note le parole dette dall'imputato al proprio confessore.

Ma ecco i fatti. Nel luglio del 2016 un parroco del Monselicense viene denunciato dai genitori di un chirichetto per violenza sessuale. Il bimbo ha raccontato a casa che il suo prete lo avrebbe palpeggiato e posato sulle gambe, mimango un atto sessuale. Il don, per volontà del vescovo Claudio Cipolla, non è stato assegnato ad altra parrocchia. Ma il processo civile deve fare il suo corso. E così il pm di fronte al gip Cristina Cavaggion aveva chiesto di utilizzare quelle intercettazioni telefoniche tra l'imputato e il suo confessore, oltre che quelle con lo psicoterapeuta. Ma il Gip aveva rigettato la richiesta, sostenendo che fossero inutilizzabili in quanto - se rese pubbliche - avrebbero violato i segreti professionali.

E così di fronte al giudice monocratico, il magistrato accusatore ci ha riprovato.

Chiedendo di poter usare quei nastri e condannare il prete.

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