Cronache

Quando tutta la verità è inutilmente sui social

. Noemi Durini oggi su Facebook è «un angelo volato in cielo troppo presto». Il 23 agosto, pochi giorni prima della scomparsa, era una ragazza di sedici anni che chiedeva attenzione

Quando tutta la verità è inutilmente sui social

Sulla «timeline» che scorre sul telefonino ci sono i prodromi di un omicidio. Eppure nella società «social» sembrano sfumare, si perdono in mezzo ai selfie delle vacanze e ai video strappa like. Noemi Durini oggi su Facebook è «un angelo volato in cielo troppo presto». Il 23 agosto, pochi giorni prima della scomparsa, era una ragazza di sedici anni che chiedeva attenzione. Chiedeva di essere salvata. Lo ha fatto, per l'ultima volta, con un post contro il femminicidio, non per unirsi a una campagna virale qualsiasi, piuttosto per togliere la maschera del «va tutto bene» e indossare la propria anima al rovescio. «Non è amore se ti fa male, se ti controlla, se ti fa paura di essere quello che sei, se ti picchia, se ti umilia...». Dolore e lacrime e segreti, mischiati ai baci e ai momenti di fragile spensieratezza, tutto alla luce del sole. Allarmi cristallizzati tra una manciata di «mi piace» e di «faccine». Così evidenti, sbattuti in faccia e incredibilmente ignorati, macinati nel frullatore di emozioni a flusso continuo.

Poi il sogno e la vita di una adolescente svaniscono sotto un mucchio di sassi per mano di chi lei chiamava «amore». Un ragazzo a dir poco problematico, trattamenti di Tso alle spalle, corollari di violenze ripetute e addirittura già denunciate. Ora ammettono di aver sottovalutato i «segnali», Orlando invia gli ispettori e il Csm si muove. Parte la macchina della giustizia, sbarca in paese il solito circo mediatico che si accampa in un Salento appena prosciugato dalla marea dei turisti in ritirata. La «Giamaica d'Italia» esce dalle copertine patinate e torna confinata alle case bianche e ai borghi svuotati dai ragazzi emigrati al Nord. Con quelli che restano ad affrontare un nuovo orrore, al di là della finestra di fronte. Mentre i riflettori si accendono, siamo costretti a guardare tra le pietre dei muretti a secco del Capo di Leuca. In fondo a quel pozzo scuro risuona quel grido di aiuto rimasto inascoltato. Troppo tardi per riavvolgere al contrario la timeline, fa rabbia rileggere gli sos travestiti da post. Ormai inutili. La verità è che le nostre esistenze digitali sono ingabbiate in un assurdo. È la maledizione dei flâneur postmoderni, che osservano la folla senza muovere un dito, senza farsi una domanda in più. Guardiamo e passiamo, a colpi di scroll.

I ragazzi dell'età della povera Noemi restano sempre «connessi», 24 ore su 24. La pagina del profilo in queste ore si è trasformata in un diario aperto, lei che su Facebook aveva quasi 5mila «amici». Sulla bacheca adesso posano fiori e messaggi di cordoglio. Ma anche minacce e promesse di vendetta contro l'assassino. Soltanto quando la tragedia è compiuta, si scopre che in tanti «sapevano» delle botte e delle liti tra le famiglie. Però in troppi hanno taciuto. Perché anche nel mondo esibito ed esibizionista dei social l'essenziale è invisibile agli occhi. Il male forse più del bene.

A tutti noi non può piacere questo elemento.

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