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La rete silenziosa del Quirinale

La rete silenziosa del Quirinale

Prima Palazzo Chigi, poi il ministero dell'Economia, infine Bankitalia. In neanche 48 ore i principali attori istituzionali si mobilitano per provare a fare muro sull'improvviso rimbalzo dello spread, che mercoledì - dopo quasi cinque mesi - ha sforato quota 290 tornando ad avvicinarsi pericolosamente alla soglia psicologica dei 300 punti. Uno scenario che, inevitabilmente, desta una forte preoccupazione anche sul Colle, dove quotidianamente monitorano con attenzione la costante impennata dello scontro in corso tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Non è un mistero, infatti, che Sergio Mattarella guardi con apprensione alla prossima legge di Bilancio, il cui destino è strettamente legato non solo allo stato di salute del governo, ma anche alla fiducia dei mercati nel sistema Italia. E proprio in questo quadro è decisivo che le oscillazioni dello spread restino legate a una campagna elettorale che - per quanto accesa - è comunque destinata a chiudersi con il voto del 26 maggio, senza trasformarsi in un dato strutturale.

Ecco perché, dopo gli affondi di Salvini sui vincoli Ue da «infrangere» e «stracciare», si è immediatamente aperta una sorta di rete di difesa per tranquillizzare i mercati. L'uno-due arriva sull'asse Tel Aviv-Bruxelles. Prima tocca al governatore (...)

(...) della Banca d'Italia puntare il dito sullo spread, che - dice da Israele - è «sopra 270 punti base», più «del doppio del livello di inizio 2018, prima delle elezioni politiche». Una situazione, spiega Ignazio Visco, che «espone l'Italia alla volatilità del mercato finanziario» e che «inizia a pesare sui tassi dei prestiti a famiglie e imprese». Poi è il ministro dell'Economia a prendere le distanze da Salvini. «Gli obiettivi sono quelli del Def e li ha approvati anche lui», spiega Giovanni Tria parlando a margine dell'Eurogruppo, assicurando ai partner europei che l'idea di sforare i parametri Ue non è sul tavolo.

Sia Tria che Visco, raccontano i bene informati, hanno buoni e solidi rapporti con il Colle. Ed è forse per questo che a Palazzo Chigi sono convinti che il presidente della Repubblica fosse al corrente delle rassicurazioni arrivate ieri. Circostanza, questa, che non trova conferma sul Quirinale, dove c'è la più assoluta consegna del silenzio. Mattarella, infatti, non ha alcuna intenzione di farsi tirare dentro una campagna elettorale senza precedenti. Che le due leadership del governo (Di Maio e Salvini) siano in guerra permanente su tutti i fronti è infatti cosa mai accaduta prima. E basta una scintilla per allargare l'incendio al Colle, come per altro accadde esattamente un anno fa con la surreale richiesta di impeachment di Mattarella da parte di Di Maio.

Di qui la prudenza. Sebbene non vi sia alcun dubbio che sia Tria che Visco - come Giuseppe Conte mercoledì - abbiano fatto considerazioni che nel merito il Colle condivide pienamente. Soprattutto in vista di un post elezioni che rischia di essere piuttosto burrascoso. Al punto che il Quirinale non esclude affatto l'ipotesi del voto a settembre o a ottobre, nonostante ci sia un solo precedente che risale al lontano 1913. D'altra parte, in caso di crisi è improbabile che si formi una nuova maggioranza parlamentare e sembra che Mattarella al momento non contempli fumosi incarichi al buio.

Di certo c'è che l'ipotesi dell'implosione del governo continua ad essere gettonata. Di Maio è infatti intenzionato a tirare la corda finché non si rompe, così da scaricare su Salvini la responsabilità della rottura. Ecco la ragione del nuovo approccio rassicurante del leader grillino, che oggi - dopo che a dicembre aveva brindato dal balcone di Palazzo Chigi allo sforamento del 2,4% - prova a proporsi come il garante della stabilità dei conti italiani. Il passo successivo, confidava ieri in privato il vicepremier, è in agenda dopo le elezioni. Solo allora, infatti, il M5s stopperà senza cedimenti la flat tax tanto cara a Salvini e lo farà proprio in nome della tenuta del bilancio dello Stato. Per il leader della Lega sarà l'ultimo schiaffo dopo i tanti incassati in queste settimane.

E a quel punto starà a lui decidere se continuare a porgere l'altra guancia oppure andare alla resa dei conti.

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