Cronache

Roma, la rabbia dei residenti di Tiburtino III: "Siamo esasperati"

Non si ferma la rabbia dei residenti del Tiburtino III che ieri notte hanno assaltato un centro d'accoglienza per difendere una madre e suo figlio rimasti ostaggi degli ospiti della struttura

Roma, la rabbia dei residenti di Tiburtino III: "Siamo esasperati"

“Siamo esasperati”. “Qui lo Stato non c’è”. Sono queste le frasi ricorrenti dei residenti del quartiere romano Tiburtino III dove ieri notte è scoppiata una rivolta contro un centro d’accoglienza per liberare una madre e suo figlio ostaggio di un centinaio di migranti.

Il racconto della donna sequestrata

La donna, di nome Pamela, si era recata lì per protestare dopo che un eritreo, ospite del centro dal quale era già stato espulso, aveva gettato dei sassi contro il figlio che stava giocando per strada insieme agli amici. “Quando hai figli, non ci pensi alla paura”, spiega a IlGiornale.it la donna che ha capito subito chi fosse il colpevole dell’accaduto e lo ha rincorso fino al centro. Una volta lì, è stata accerchiata da un centinaio di migranti.“Non ho riflettuto e l’ho inseguito. Erano tanti e mi hanno trascinata per 500 metri per riportarmi dentro al centro e poi mi hanno picchiata ovunque”, racconta (guarda il video).

Fortunatamente alcuni amici e conoscenti sono giunti in soccorso della donna e da lì è scoppiata una rissa dove pare abbia ricevuto una coltellata proprio l’eritreo che aveva lanciato i sassi anche se la Croce Rossa ha precisato che l’uomo era arrivato già ferito.

La versione dei partecipanti della rivolta

Angelo, uno dei residenti che ha partecipato alla rivolta, racconta di essere partito insieme ad alcuni amici e di essersi trovato di fronte duecento migranti: “Sono loro che hanno caricato noi. Noi siamo gente di strada e sappiamo com’è la vita. Non siamo partiti prevenuti per litigare, mentre loro sono usciti con i bastoni”. “Volevamo solo capire cosa succedeva – aggiunge - perché ci avevano avvertito dei ragazzini. Volevamo fare da pacieri dato che già quattro mesi fa abbiamo tirato fuori una mamma con il bambino col passeggino”. Gli fa eco Yuri che, a proposito del ferimento dell’eritreo, dice: "Non non lo abbiamo toccato. Non ho idea di come sia avvenuto questo accoltellamento. Noi non avevamo nulla mentre questi girano con i coltelli e nessuno dice niente". Per quanto riguarda la sicurezza del quartiere spiega: “Io non sono un ragazzo educato, son di strada ma, invece che fare casini, ho costretto mia figlia a non passare più là. Quando arrivano le 9 e mezza/10 di sera, lì non passa più nessuno”. E continua:“Questa è una zona abbandonata, qui lo Stato non c’è. Siamo tipo una comunità indiana: siamo tutti dentro e nessuno esce”.

La battaglia della destra romana per la chiusura del centro

In realtà, anche la politica si batte da mesi per la chiusura di questo centro d’accoglienza che ha beneficiato di una lunga serie di proproghe. Fratelli d’Italia annuncia che mercoledì, alla riapertura del Consiglio comunale, ripresenterà un ordine del giorno per chiedere nuovamente la chiusura del centro. Roberto Santoro, consigliere circoscrizionale di FdI al IV Municipio, attacca:“È sconvolgente che il centro sia dentro una scuola. Siamo il quartiere più degradato di Roma e questa situazione non è più accettabile”. Il consigliere comunale Fabrizio Ghera, invece, rivela:“Questo centro è un’eredità del gruppo delle cooperative 29 giugno e della giunta Marino. Qui prima c’era un centro della polizia locale ma da due anni c’è un centro gestito dal Comune di Roma e questa, - aggiunge - purtroppo, non è nemmeno l’unica situazione critica generata dalle scellerate politiche del Pd e dei Cinquestelle”. Giorgio Mori, responsabile immigrazione del partito, spiega: “Tutta Roma è cosparsa di focolai di questo genere perché manca una politica organizzata del fenomeno dell’immigrazione. Le fasce più fragili della popolazione, pertanto, risentono della vicinanza di questi centri e vedono diminuita la sicurezza e la legalità nel loro territorio”. Mauro Antonini, responsabile laziale di CasaPound Italia, ricorda di aver organizzato un'occupazione simbolica del Dipartimento delle Politiche Sociali del Campidoglio nel giugno scorso:"In quella occasione avevamo avvertito che stava per scoppiare una bomba sociale ma non ci hanno voluto ascoltare ed ecco il risultato.

Ora terremo l'attenzione ancora più alta su questo centro".

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