Politica

Salvini e l'idea di spaccare i 5 Stelle

Dopo le elezioni europee, Di Maio sarebbe pronto a "cedere" tre ministeri pur di evitare le urne

Salvini e l'idea di spaccare i 5 Stelle

Inutile illudersi che di qui a qualche mese il trend possa essere invertito. Ormai, persino Luigi Di Maio sembra essersi messo l'anima in pace. E più che sperare in una improbabile rimonta sta già ragionando sul «piano B». D'altra parte, i sondaggi riservati arrivati giorni fa nelle mani di Rocco Casalino sono impietosi e danno il M5s ben sotto la soglia psicologica del 20%. Non solo in Sardegna, dove si vota oggi. Ma pure su scala nazionale dove il Movimento sarebbe quotato al 17-18%, con pochissime probabilità che di qui alle Europee del 26 maggio possa esserci un'inversione di tendenza. Anzi, le rilevazioni arrivate sulla scrivania del portavoce del premier Giuseppe Conte dicono che il rischio di un sorpasso del Pd sui Cinque stelle è concreto.

Sondaggi molto simili girano al Viminale, dove Matteo Salvini si prepara ad incassare un vero e proprio plebiscito elettorale. Da un'altra prospettiva e con ben altre aspettative, anche il leader della Lega è dunque ben consapevole di quanto le elezioni Europee siano destinate a modificare gli equilibri all'interno della maggioranza di governo. Il che però non necessariamente significa elezioni anticipate. Nonostante l'outlook dell'agenzia di rating Fitch, infatti, l'ipotesi di un ritorno alle urne non è poi così probabile come qualcuno auspica. La pensa così Roberto Calderoli, stanco del «cassandrare» degli «amici dei poteri forti» che non smettono di «profetizzare disastri in stile Titanic». Il senatore della Lega è infatti convinto che l'esecutivo «durerà tutta la legislatura». E sulla stessa lunghezza d'onda è lo stesso Di Maio, che ancora ieri ribadiva che il governo continua ad avere una «prospettiva di cinque anni». D'altra parte, fa notare Romano Prodi, «il potere è un collante forte» e Cinque stelle e Lega hanno una «convenienza reciproca» a restare insieme al governo.

Non è un caso che Salvini stia ragionando da qualche tempo su come «spaccare» in due il M5s, tenendo agganciata alla Lega solo l'area governativa del Movimento e liberandosi di quella più «di lotta». «Il fatto che il ritorno in scena di Di Battista sia stato un gigantesco buco nell'acqua - confidava qualche giorno fa il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio ad un collega della Lega - mi fa pensare che ha proprio ragione Matteo quando dice che il M5s è destinato a spaccarsi e che noi dobbiamo inglobare la parte di Movimento che fa capo a Di Maio». Il ministro dell'Interno, insomma, vorrebbe usare le Europee per «ricalibrare» la maggioranza, depurandola dall'ala più oltranzista di Cinque stelle. Perché se anche 30-40 deputati che fanno capo al presidente della Camera Roberto Fico dovessero decidere di sganciarsi, non sarebbe certo un problema sostituirli con Fratelli d'Italia (che a Montecitorio conta 32 componenti). E chissà se è un caso che proprio qualche giorno fa si sia registrata una convergenza inedita tra il partito di Giorgia Meloni e il M5s sulla proposta di legge di Fdi per la nazionalizzazione di Bankitalia.

Uno scenario, questo, che piace a Salvini perché non si tratterebbe di un ribaltone e perché - al di là degli ultimi appuntamenti elettorali in Abruzzo e Sardegna - il leader della Lega continua a ripetere in privato di non aver alcuna intenzione di riallacciare i rapporti con Forza Italia. Anzi, parlando con un big azzurro della Lombardia, proprio recentemente il ministro dell'Interno ha avuto parole durissime verso Mara Carfagna, rea di averlo criticato con eccessivo vigore. Senza contare che il titolare del Viminale preferisce avere all'opposizione proprio Forza Italia piuttosto che un M5s che dopo essere uscito dal governo ed aver archiviato Di Maio tornerebbe subito sulle barricate e potrebbe recuperare consensi anche piuttosto rapidamente. Tra un ribaltone o un ritorno alle urne con il centrodestra e un comodo rimpasto, insomma, il leader della Lega non ha alcun dubbio su quale sia la strada da prendere. Con la sola incognita di chi a quel punto dovrà sedere a Palazzo Chigi: ci resterà Conte oppure toccherà finalmente a Salvini?

Di questo - che non è un dettaglio - ancora non si è parlato. Il «piano B» di Di Maio, però, prevederebbe per il M5s un rimpasto a perdere. Con il Movimento pronto a «cedere» alla Lega almeno tre ministeri: Sanità, Difesa e Cultura. Giulia Grillo, Elisabetta Trenta e Alberto Bonisoli sarebbero insomma tutti ministri «sacrificabili». Nel caso, anche il titolare degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, visto che - sostiene con i suoi Di Maio - «ormai non ha più lo scudo del Colle».

In questo schema, invece, non sarebbe in discussione il titolare delle Infrastrutture Danilo Toninelli, per evitare di dare un segnale di resa anche sul fronte Tav.

Commenti