Cronache

San Basilio, parla l'italiano sgomberato: "Ma quale razzismo, venite a vedere come vivo"

Abbiamo incontrato gli inquilini delle case popolari di San Basilio, che lunedì scorso sono scesi in strada per impedire ad una famiglia marocchina di accedere alla casa popolare regolarmente assegnata dal Comune. I residenti: "Il razzismo non c'entra, qui è una guerra tra poveri"

San Basilio, parla l'italiano sgomberato: "Ma quale razzismo, venite a vedere come vivo"

In via Filottrano, nel quartiere periferico di San Basilio, si leva l’ennesima barricata romana. Lunedì scorso alcune decine di residenti hanno cercato di impedire lo sgombero dell’appartamento occupato abusivamente da Adriano, che qui viveva assieme al fratello disabile e al figlio disoccupato. Al loro posto sarebbe dovuta subentrare la famiglia Maslouh, di origini marocchine, nuova assegnataria dell’alloggio popolare. Il condominio si schiera subito con “l’italiano in difficoltà” e, dopo un paio d’ore di trambusto, i nuovi inquilini sono messi alla porta. L’appartamento non andrà ai coniugi magrebini, ma neanche al signor Adriano, perché i vigili hanno cambiato la serratura.

Da trent'anni in attesa di una casa popolare

L’uomo, un cinquantenne divorziato che ha perso casa e lavoro, adesso, è tornato a vivere in un vecchio camper. “Questa è la cucina”, indica Adriano che ci invita a visitare il suo rifugio di fortuna. Pochi passi e il “tour” è già finto. Lo spazio è angusto, fa freddo, e non c’è nemmeno la luce. Il bagno è piccolissimo e, al suo interno, i sanitari sono fatiscenti. Dallo scorso lunedì, qui vive anche suo figlio, Enzo, di ventisette anni, ed il loro cane. La cuccia dell’animale non è tanto differente dal letto dei proprietari. “Qui dentro come si vive?”, si chiede Adriano facendo eco alla nostra domanda: “Stretti e male, questa non è una casa” è la risposta. Adriano si chiude alle spalle la porta del camper, lo aveva già fatto mesi prima, con la promessa di non farci più ritorno. Prima di quella sistemazione l’uomo, per ben quattro anni, aveva vissuto in una cantina, "piena di topi". Poi, ad agosto scorso, finalmente un “tetto vero sulla testa”. Dopo il decesso della precedente assegnataria, incoraggiato dai condomini, Adriano, infatti, aveva occupato l’appartamento all’ultimo piano di via Filottrano 15. Ma l’illusione di aver trovato un sistemazione decorosa s’infrange quando una famiglia magrebina reclama l’alloggio. Si levano gli scudi del condominio: sono tutti con Adriano. Purtroppo però l’odissea trentennale dell'uomo ricomincia. Adriano è in attesa di una casa dal 1991, anno in cui si è iscritto in graduatoria con la speranza di ottenere un alloggio. Ora, anche se può contare sulla solidarietà di un intero quartiere, non gli resta che tornare in mezzo alla strada.

Delusione a 5 Stelle

La “palazzina della discordia” è presidiata fino a tarda sera dai residenti. Si sono dati appuntamento nel cortile e, tra sigarette e passeggini, discutono animatamente. Nel gruppetto non si respira più la rabbia dello scorso lunedì, ma desolazione e sconforto. “Non siamo razzisti, i giornalisti hanno montato tutto, vogliono farci passare per quello che non siamo”, spiegano in coro Laura, di ventiquattro anni, e Nicol, di diciannove. Il comportamento dei residenti, scesi in piazza per difendere Adriano e respingere la famiglia magrebina, è stato stigmatizzato dall’amministrazione pentastellata. Si è trattato di “un episodio vergognoso” secondo la prima cittadina Virginia Raggi che si è affrettata ad incontrare i coniugi Maslouh, ma che qui, in via Filottrano 15, non si è ancora fatta vedere. “La Raggi si deve dare una svegliata”, tuona Simonetta, la sorella di Adriano. La donna è accorsa dal Tiburtino perché ha “letto la disperazione negli occhi” del fratello e, mentre ci mostra l’appartamento dove i vigili hanno sostituito la serratura, si lamenta. “Le istituzioni comincino a muoversi”, commenta Simonetta che invita il sindaco a venire a vedere la situazione di questa periferia romana prima di accusare i suoi abitanti, “Virginia Raggi è stata invitata a venire qui, non so se accetterà l’invito, se non dovesse farlo non la voterà più nessuno"."Sindaco Raggi - prosegue Simonetta fissando l’obiettivo della telecamera - venga a vedere come si vive qui, e poi riparliamo di legalità, noi siamo persone oneste ma siamo stati abbandonati da tutti".

I fantasmi di San Basilio

Enzo, il figlio di Adriano, ha le mani in tasca. Mentre il gruppetto di circa una decina di residenti parlotta affannandosi a mettere in campo proposte e strategie per risolvere una volta per tutte questa brutta storia, lui se ne sta in disparte, sembra quasi che la cosa non lo riguardi. È uno di poche parole e, quando lo avviciniamo, ci racconta tutta l’amarezza e lo smarrimento che leggiamo nei suoi occhi: “Ci sentiamo esclusi, siamo come dei fantasmi, mio padre è in graduatoria da più di trent’anni però porelli loro - riferendosi alla famiglia Maslouh, in attesa di alloggio da cinque anni- che non hanno casa, e noi? Non è giusto!”. Come lui, altri, lì fuori, lamentano la stessa condizione.

“Qui siamo in tanti ad aspettare un alloggio", ci dicono, "ma dal Comune, nessuna risposta”.

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