Guerra in Ucraina

La scelta di campo e la parola tabù

La pace di questi tempi non è neppure più un'utopia. È qualcosa a cui non si riesce a pensare, quasi fosse un tabù o una scelta di campo

La scelta di campo e la parola tabù

La pace di questi tempi non è neppure più un'utopia. È qualcosa a cui non si riesce a pensare, quasi fosse un tabù o una scelta di campo, come se il solo parlarne fosse una vigliaccheria o la strada per arrendersi. Solo che la pace non è uno strumento tattico, non è un'arma da usare contro l'uno o contro l'altro. È la speranza di una via d'uscita.

Non si può soffocare per vocazione manichea. È strano questo atteggiamento. C'è chi ti dice che se sostieni le ragioni dell'Ucraina la parola pace la devi bruciare. È, in questa fase del conflitto, una debolezza. È tradimento. È che sotto sotto stai dalla parte di Putin. È, guarda caso, la stessa cosa che lui, Putin, ricorda ogni giorno ai russi. Ecco. C'è ancora chi, da occidentale, non vuole pensare come l'autocrate del Cremlino. Sì, perché se dici di batterti per i principi liberal democratici poi non puoi rinnegarli. Non puoi ragionare come Mosca. Se in questa storia si dimentica che la risposta finale non può essere affidata alle armi allora sono guai, quelli che ti cade il cielo in testa.

Quando questa guerra è iniziata era assurdo chiedere agli ucraini di arrendersi. Solo loro potevano decidere cosa fare. Non altri, non l'Europa, non gli Stati Uniti e neppure i soliti nemici occidentali dell'Occidente. Se Kiev continua a combattere per la propria indipendenza il mondo libero farà il possibile per contrastare i russi. Questo principio non cambierà mai.

Solo che adesso la guerra non riguarda solo l'Ucraina. Sta assumendo, nelle parole degli stessi protagonisti, da Putin a Biden, i contorni del primo atto di una guerra di civiltà. È lo spettro di un conflitto globale tra Est e Ovest, con due imperi, Pechino e Washington, che devono capire in che modo pesare sulle sorti del mondo. La Russia e l'Europa in questa storia sono due appendici e l'Ucraina è il terreno dove tutto rischia di cominciare.

Ora sta accadendo che nel ruolo di mediatore si propone la Cina. Xi Jinping dovrebbe nei prossimi mesi andare a Mosca per convincere Putin a aprire un tavolo di trattative. Quanto ci si può fidare di una pace cinese? Poco. È per questo che lasciare solo alla Cina il testimone della pace sarebbe come fidarsi di una moneta falsa. L'Occidente non può rinunciare a giocare questa partita. Bisogna capire a chi tocca. È un ruolo che possono svolgere gli Stati Uniti? O sarò l'Europa a muoversi? In ogni caso togliere la parola pace dal terreno sarebbe un errore strategico. È impossibile girarsi dall'altra parte e questo vale per la guerra e per la pace. Non si può nascondere l'aggressione di Putin. Non si può non vedere che questo conflitto è solo il prologo di uno scenario più ampio e drammatico. La miopia è la stessa. La guerra globale non è un destino. È una scelta.

Non interrogarsi su una via d'uscita è semplicemente folle.

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