Politica

Se ora Conte si mette a fare il compagno

Se ora Conte si mette a fare il compagno

Avrebbe potuto non farlo. Avrebbe potuto tirarsi indietro, spiegando che aveva accettato l'invito prima della crisi di governo. Quando la Lega era ancora uno dei due soci della maggioranza che lo sosteneva e quando Giorgia Meloni non lo aveva ancora così duramente criticato per essersi prestato al cambio della guardia a Palazzo Chigi, con il Pd a sostituire il Carroccio. Giuseppe Conte, invece, oggi si presenterà ad Atreju, la festa di Fratelli d'Italia ormai arrivata alla sua ventiduesima edizione. E lo farà conscio di giocare il trasferta, davanti a un pubblico non solo ostile ma che per la maggior parte lo considera un «abusivo». Lo stesso che il giorno della fiducia al Conte bis ha sfilato davanti Montecitorio per protesta.

Una scelta ragionata. E che, racconta a Palazzo Chigi chi il premier lo sente spesso, è frutto di una strategia di lungo periodo ben ponderata. Catapultato in politica solo 15 mesi fa, infatti, il già due volte premier non ha intenzione di fermarsi qui e si vuole con pazienza costruire il giusto profilo per provare a restare ancora in sella anche quando l'esperienza di governo sarà finita. Di qui la scelta di mostrarsi come l'uomo del dialogo, pronto ad andare alla festa di Leu due giorni fa ed entusiasta di presenziare domani a Lecce alla kermesse nazionale della Cgil. In mezzo Atreju e una platea di destra che oggi non gli farà sconti. Al punto che la stessa Meloni ha ammesso di essere «rimasta colpita» dalla scelta di confermare la sua presenza.

D'altra parte, Conte sa bene che il M5s è in grande agitazione, alle prese con un calo di consensi che non si arresta e dilaniato da una guerra interna che rischia d'essere senza esclusione di colpi. Insomma, il suo partito di riferimento - fu proprio il M5s a indicarlo come premier nel maggio del 2018 - potrebbe non garantirlo più. E così Conte ha deciso di andare per la sua strada e costruirsi un profilo autonomo, che magari gli permetta un domani di essere un possibile candidato alla premiership se davvero tra M5s e Pd nascesse un'alleanza strutturale. Non è un caso che ad Alessandro Di Battista che criticava duramente i dem, Conte abbia risposto senza esitazione alcuna. «Mi fido del Pd, è una forza responsabile», ha tagliato corto. E l'ha fatto dal palco della festa di Leu, altro alleato di governo oggi e forse anche domani. Il tutto mentre Luigi Di Maio preferisce usare verso il Pd toni non troppo amichevoli, sia sul taglio dei parlamentari sia sull'intesa per un candidato comune in Umbria.

Conte, dunque, mira a essere il ponte tra M5s e Pd, sperando in futuro di essere ancora una volta l'uomo giusto al momento giusto. Non è un caso che dal 20 agosto - giorno del j'accuse contro Salvini in Senato - non abbia più perso occasione per attaccare il leader della Lega. L'ambizione di essere il frontman di una futura alleanza strutturale tra M5s e Pd, infatti, passa anche da qui. Dal presentarsi come completamente alternativo a quello che oggi resta comunque il leader dell'area di centrodestra.

Adalberto Signore

Commenti