Cronache

Sedici giudici per un solo processo: record choc a Roma

Nel corso del processo a carico del clan camorristico Moccia si sono avvicendati 16 magistrati in quindici udienze. La protesta dell'Unione delle Camere Penali: "Incompatibile con il principio del giusto processo"

Sedici giudici per un solo processo: record choc a Roma

Sedici giudici in 15 udienze. È il caso da guiness world record che è esploso a Roma dove, nel corso del processo al clan camorristico Moccia, scaturito dall'operazione di settembre 2020 della Dda che portò al sequestro di alcuni locali nel cuore della Capitale, si sono avvicendati una lunga scia di magistrati. Al punto che la protesta da parte della categoria forense è stata inevitabile. "Una gravità inaudita", ha denunciato l'Unione delle Camere Penali attraverso le pagine del quotidiano Il Messaggero.

Il caso

La storia, raccontata dalla giornalista Valeria Di Corrado, è a dir poco paradossale. Al punto che gli stessi addetti ai lavori, quando lo scorso 5 ottobre (la data dell'ultima udienza) uno dei giudici è risultato "incompatibile", hanno ironizzato: "si è attinto a chi passava in corridoio", è stato il commento sarcastico dei legali. Del resto, è andata proprio così: è stato necessario l'intervento di un altro magistrato che stava celebrando un processo per direttissima in un'altra aula dello stesso Tribunale. Ed è stata proprio quella la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Tanto che la Camera Penale di Roma ha proclamato l'astensione in vista dell'udienza programmata per il prossimo 2 novembre "per manifestare la propria solidarietà al collegio difensivo in quello che si è trasformato nel funerale del processo accusatorio".

La protesta

L'Unione delle Camere Penali ha indetto una protesta a livello nazionale. Pare, infatti, che la misura fosse colma da un pezzo. A monte del problema ci sarebbe una carenza di organico nella magistratura che, a conti fatti, rischia non solo di inficiare il regolare svolgimento dei processi ma anche di diventare endemica. Un'emergenza che, come ben chiarisce la cronista de Il Messaggero, ha portato "il presidente del Tribunale di Roma a stabilire un tetto nel numero dei processi per mafia". In questo modo "si riduce la funzione giudiziaria a una mera formalità - ha commentato al quotidiano romano Vincenzo Comi, presidente della Camera penale di Roma - Il dibattimento dovrebbe essere il cuore del procedimento penale, invece così viene svilito. La sostituzione in corsa del magistrato non può essere la soluzione al deficit d'organico. E comunque dovrebbe essere l'eccezione, non la regola".

Il principio di immutabilità del giudice

Il "cambio in corsa" del magistrato dovrebbe essere un evento sporadico se non addirittura eccezionale. La sentenza Bajrami delle sezioni unite della Corte di Cassazione ha abrogato, nel 2019. il principio di immutabilità del giudice. "Immaginiamo di essere sotto processo e che la decisione sulla innocenza o colpevolezza la prenda un magistrato diverso da quello che ha seguito tutto il dibattimento. - ha concluso l'avvocato Comi - Non conosce nulla, arriva e decide.

Si può chiamare processo rispettoso dei diritti fondamentali delle persone? È una giustizia credibile? Tutto questo nel tribunale più grande d'Europa".

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