Cronache

Gli immigrati nelle case e gli italiani per strada

A Como gli immigrati vengono accolti in strutture nuove di pacca destinate a senzatetto e famiglie italiane in difficoltà

Gli immigrati nelle case e gli italiani per strada

Giampaolo, senzatetto sui sessanta di origini francesi, non si vedeva in stazione a Como da un po'. Tutti lo cercavano ma lui da qualche giorno non tornava a dormire. "Adesso lavora con gli immigrati" dice qualcuno. Infatti lo troviamo nella sede della Caritas di Como, zainetto in spalla, occhi azzurri, lucido di testa e con un accento francese inconfondibile. Uomo di mondo, "credulone" come si definisce lui, che nella vita ha avuto la fortuna di studiare e lavorare. Papà finanziere e mamma impiegata in Posta a Como. Ha sempre dato lezioni di francese e ora che serve qualcuno per dialogare e assecondare i bisogni dei profughi, la sua presenza è diventa fondamentale. Lo pagano 500 euro al mese, che si tiene stretto, anche se nella vita dice "non sono mai stato un buon risparmiatore". Lui fa le notti, ascolta le storie degli immigrati, le torture, le violenze subite, i mesi di prigionia e le traversate nel deserto. "La loro vita e' un po' trastullata come la mia, mi ritrovo molto" - confessa. Ma Giampaolo per loro cucina anche pesce, pasta riso e molti legumi. E quando dice di essere un senzatetto loro lo guardano con sospetto "quando dico che ho vissuto sui treni e dormito in stazione non mi credono, uno di loro dorme nel letto che era mio durante l'emergenza freddo".

Ma Giampaolo è un senzatetto speciale, perché per gli altri che come lui vivono la strada, la situazione, con l'arrivo degli immigrati, si è complicata. Qualche suo compagno di stazione se la prende con gli assistenti sociali, perché tutti vogliono far valere i propri diritti, anche se sono in mezzo a una strada per scelta o per necessità. Infatti, le strutture che sono state messe a disposizione da Comuni, Provincia e Prefettura, originariamente erano destinate a ospitare famiglie in difficoltà, padri separati, senza fissa dimora e italiani disagiati. Quella che ha destato più polemiche è l'ex-caserma di proprietà della Provincia di Como in via Borgovico, dove attualmente vivono un trentina di profughi provenienti da Costa D'avorio, Togo, Camerun e Nigeria.

La consigliera regionale Daniela Maroni denuncia la situazione: "Va bene accogliere queste persone ma ricordiamoci che non sono tutti profughi, molti sono clandestini. Occorre sistemare i cittadini comaschi in difficoltà nelle strutture pensate per loro. Non si sta parlando di emergenza bensì di quotidianità perché gli arrivi in città continuano". Meno preoccupato sembra il sindaco della città, Mario Lucini, area Pd, che minimizza il problema sostenendo che la situazione e' sotto controllo, così come la gestione degli immigrati da parte delle cooperative. "Quello che preoccupa - sottolinea - sono i tempi di questa emergenza che continua e non si sa quando finirà". Ma se nelle strutture per i comaschi in difficoltà ci sono gli immigrati, dove vanno a finire le persone in emergenza abitativa? "Stiamo ristrutturando una struttura a Tavernola e poi ci sono i servizi sociali che valutano le varie situazioni".

Eppure il numero di famiglie prossime alla sfratto in città sale a 2.500, come ci conferma il deputato leghista Nicola Molteni. Non si danno pace neppure gli abitanti di Lenno, in provincia di Como, dove gli immigrati sono accolti dal 2014 nell'Abbazia di Acquafredda, che ne ospita una sessantina. Non solo. Rimane in stand-by l'ipotesi di sistemare i prossimi arrivi nell'aula adiacente all'aula bunker del carcere del Bassone, ipotesi sospesa dal Prefetto che però potrebbe essere rivalutata nel caso di estrema emergenza. E non tutti quelli che arrivano intendono lasciare l'Italia.

Come ci conferma Giampaolo, che capta i bisogni e le richieste degli immigrati, quelli provenienti da Nigeria, Camerun, Ghana, hanno intenzione di rimanere nel nostro bel paese, e rimarranno nelle strutture che già occupano in attesa di avere i documenti: "sempre più persone però - spiega il nostro mediatore- scappano dai loro paesi per problemi economici e non di guerra".

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