Cronache

Da Sesto S. Giovanni a Cinisello Balsamo: "I miei 15 minuti di paura"

È agosto e le strade della periferia nord di Milano sono semideserte: poche macchine, poche persone e il tunnel abbandonato al degrado

Da Sesto S. Giovanni a Cinisello Balsamo: "I miei 15 minuti di paura"

Dalla stazione di Sesto San Giovanni a Cinisello Balsamo: 15 minuti a piedi con il timore che succeda qualcosa. È difficile spiegare la sensazione che si prova ad avere gli occhi puntati addosso, a camminare da sola in strada di notte, a passare sotto un tunnel che sembra fatto apposta per mettere paura. Ma ci proverò.

Esco dal lavoro alle otto e mezza di sera, è ancora giorno. Prendo la metropolitana alla fermata Cordusio, in pieno centro a Milano. Destinazione nord: Sesto San Giovanni, il capolinea della linea M1, per una cena tra amici in un appartamento di Cinisello Balsamo. Salgo sul vagone, ma siamo ad agosto e qui non c'è quasi nessuno. Meglio, mi posso mettere seduta. Una mezz'oretta circa di tragitto in cui ne approfitto per fare qualche telefonata. Non succede nulla.

Le mani sul sedere

Arrivo a Sesto San Giovanni. Salgo sulla scala mobile per uscire dalla stazione. Davanti a me una ragazza, magra, carina, con una spallina del vestito rotta che le cade sulla schiena. Un uomo, straniero, si intrufola tra di noi e le mette una mano sul sedere. Lei si gira, lo guarda, ma non dice niente. È pietrificata. Lui sbiascica uno squallido "scusa" e rimane lì accanto a lei, tenendo la sua mano a un millimetro dal corpo della giovane. Che continua a non dire nulla. Specifico, neanche io ho detto nulla, non ce l'ho fatta. È facile fare gli eroi quando non si è protagonisti della storia. Decido che in quel posto non ci voglio stare. E non si tratta di stranieri o italiani, si tratta del modo in cui un uomo guarda una donna. Quel modo che ti porta a sentirti in colpa e ad abbassare lo sguardo. È un modo sbagliato. E, ci tengo a dirlo, chi scrive non è una femminista. Non credo che le donne siano sempre delle vittime. Alcune sono cattive, allo stesso livello degli uomini.

La stazione fa paura

Quando esco nel piazzale è notte e dunque, invece di aspettare lì qualcuno che mi venga a prendere, decido di percorrere a piedi il tratto tra la stazione di Sesto San Giovanni e via Fulvio Testi. È solo un quarto d'ora di passeggiata, telefonerò a qualcuno e non succederà nulla. E nulla è effettivamente successo. Tranne a livello emotivo. Prendo via Monte Grappa insieme ad altre persone che tornano a casa. Sono tranquilla. Dopo pochi metri, giro in via Fratelli Casiraghi e qui la situazione cambia. Non c’è nessuno, è buia, passano pochissime macchine. Accelero, ma non serve. Andare più veloci non diminuisce la paura. Provo a telefonare a qualche amica per sentirmi più sicura, ma non risponde nessuno. È l'ora di cena. Finalmente arrivo alla rotonda in fondo alla strada.

Il sottopassaggio

Ma avevo dimenticato un dettaglio. C'è un tunnel da fare. Quello per attraversare viale Fulvio Testi e arrivare in via Romagna, a casa del mio amico. A darmi il benvenuto nel sottopassaggio c'è un topo, grigio, grande, intento a rovistare in un sacchetto gettato a terra. Scendo le scale e in quei pochi metri di tunnel, totalmente affrescati con i murales, sembra si fermi il mondo. Ho pensato: "Se non mi stuprano qui, non può succedermi più nulla". Non è successo nulla, neanche qui. Ma quando cammini e gruppetti di ragazzi (sempre stranieri) ti guardano, speri che vogliano la tua borsa, il tuo cellulare, il portafoglio, ma non te. Forse quelle incontrate erano brave persone, ma il loro sguardo era uguale a quello dell'uomo che ha messo la mano sul sedere alla giovane in metropolitana. O forse, sono io a essere condizionata da ciò che succede nel mondo.

Una cosa però è certa: quella strada, lasciata al buio, e quel tunnel, abbandonato al degrado, non la farò più.

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