Cronache

Lo sfogo di una madre: "Vogliono vedere mia figlia morta"

"La giustizia che lei amministra dà il tempo agli aguzzini di agire con tutta calma, di organizzarsi e, infine, di colpire a morte!". Così una madre chiede al ministro della Giustizia di intervenire per "salvare" sua figlia minacciata di morte dall'ex

Lo sfogo di una madre: "Vogliono vedere mia figlia morta"

“Gentile ministro Andrea Orlando, sono la mamma di una giovane donna che sta vivendo un incubo”. Così Maria Antonella, di Saronno, tenta di dare impulso ad un orologio immobile. Quello della giustizia, spesso incapace di proteggere efficacemente le donne vittima di violenza e di scongiurare il peggio. Il caso di Noemi Durini, uccisa dal fidanzato nonostante la denuncia per lesioni ed il referto medico allegato, lo dimostra.

Anche per la figlia di Maria Antonella, di appena 24 anni, le lancette sono ferme, ferme da mesi. “Da quando, ad agosto, ha denunciato l’ex ragazzo”. Maria Antonella, tornata a vivere da Roma a Saronno ad inizio estate, si ricorda perfettamente del giorno in cui ha scoperto tutto. “Ho visto i lividi sul corpo di mia figlia: schiena, reni, polsi e braccia erano una cartina geografica di sofferenze”. Il ventiseienne con cui era andata a convivere tre anni prima non era semplicemente “geloso” e “possessivo”, come raccontava la figlia a sua madre, ma ossessivo e violento.

“Le vietava di tenere la imposte aperte perché non voleva che i vicini la vedessero e, ogni volta che lei usciva, controllava come si vestiva”. La verità viene a galla col passare del tempo e Antonella scopre che “ogni scusa era buona per mettergli le mani addosso”. Quando la giovane, incoraggiata da sua madre, si decide a lasciare il suo aguzzino e a denunciarlo inizia, però, un nuovo inferno. Fatto di “minacce di morte, stalking pressante attraverso pedinamenti, telefonate, appostamenti sotto casa, continui messaggi, tentativi di arrivare a lei attraverso i suoi amici”. E la famiglia di lui “ha cominciato a negarsi”.

“Le nostre denunce si sono sommate a quelle di altre due donne che hanno subito lo stesso trattamento ma non è servito a nulla perché - spiega esasperata - costui è ancora libero di girare per la città. Cosa aspettano? Di vedere mia figlia morta?”. Nasce da qui lo sfogo della donna che si è decisa a scrivere al ministro della Giustizia “nella speranza di ottenere dal giudice per le indagini preliminari almeno un divieto di avvicinamento”.

“Signor ministro - si legge nella missiva - non mi venga a raccontare la storiella che state cercando di trovare una soluzione, perché noi siamo stufi di sentire le vostre belle storielle! Avete tanto pubblicizzato i vostri progressi a difesa delle donne: ma dove sono questi progressi?”. Maria Antonella invoca “leggi più forti, pene più pesanti per riuscire a difendere le donne ed evitarne la morte” perché “i tempi della giustizia sono vergognosamente lunghi”.

“La giustizia che lei amministra - prosegue - dà il tempo agli aguzzini di agire con tutta calma, di organizzarsi e, infine, di colpire a morte! A nulla servono le nostre misere denunce poiché non trovano risposte. Se riusciamo ad arrivare in tribunale, le cause durano anni… per non parlare di tutte quelle che vanno in prescrizione”.

Il tempo passa e le preoccupazioni aumentano. La corrispondenza è stata inviata qualche giorno fa ma “nessuno si è ancora fatto vivo”. Così Maria Antonella sta già pensando alla prossima mossa.

“Qualcuno - conclude - mi ha suggerito di scrivere alla Boldrini ma sono scettica, non sono mica africana, bengalese, magrebina, prima devo cambiare stato e nazionalità e poi, forse, mi ascolterà”.

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