Cronache

La strana fortuna di De Benedetti con i giudici

La strana fortuna di De Benedetti con i giudici

La capacità realizzativa di Carlo De Benedetti è pari a quella dei bomber più prolifici della storia del calcio. Gente come Riva o Van Basten. E a raccogliere la palla nel sacco ci sono sempre giudici e pm dei tribunali italiani. In un modo o nell'altro l'Ingegnere vince sempre. O se non vince lo salva la prescrizione, piuttosto che una tempistica fortunata. Si pensi all'ultimo caso, quello di ieri: per una elusione fiscale contestata al gruppo Espresso-Repubblica per fatti del 1991, la società era stata condannata a pagare una sanzione tributaria enorme, equivalente a 388 milioni. Una cifra che avrebbe potuto mettere in ginocchio il gruppo Espresso indebitato di qualche anno fa. Ma a forza di rinvii sono passati 26 anni e, alla vigilia della Cassazione, avvocati e Fisco hanno trovato un accordo per 175 milioni. Restano tanti. Ma ora che l'Ingegnere si è dimesso, che il gruppo si chiama Gedi dopo essersi fuso con la Stampa e il Secolo XIX, e che non ha più debiti, il bilancio li potrà assorbire senza guai.

È una sola la volta che l'Ingegnere non ha segnato. Anzi, ha fatto addirittura un autogol. Perché dopo quell'episodio sono diventati più chiari anche tutti i precedenti fortunati. È stato qualche anno fa, quando De Benedetti ha querelato per diffamazione il numero uno della Pirelli, Marco Tronchetti Provera, che gli aveva ricordato una serie di disavventure del passato. Querela conclusa nel 2015 con l'assoluzione di Tronchetti. E con una sentenza preziosa per ricordare quelle che in realtà sono state le fortune giudiziarie dell'Ingegnere.

Come quando fu assolto in Cassazione nel '98 dall'accusa di bancarotta nel fallimento del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, dopo una condanna in secondo grado a 8 anni. De Benedetti aveva acquistato il 2% ed era diventato vicepresidente, ma dopo soli due mesi rivendette e se ne andò con una plusvalenza miliardaria, poco prima del fallimento. Ebbene, la condanna fu cassata per motivi processuali, anche se nella causa contro Tronchetti l'avvocato Padovani ha citato una precedente sentenza di Cassazione che, al contrario, ammetteva la regolarità del procedimento.

C'è poi la nota vicenda di Tangentopoli, quando De Benedetti (allora numero uno dell'Olivetti), fu indagato per corruzione su forniture pubbliche, interrogato dal pool di Milano e addirittura arrestato il 31 ottobre 1993 per ordine del Gip romano Augusta Iannini (moglie di Bruno Vespa), che ne firmò però anche la scarcerazione dalla sezione isolamento di Regina Coeli dopo solo 13 ore. In ogni caso è il risultato quello che conta: l'intero procedimento (che riguardava tra l'altro telescriventi Olivetti definite obsolete dallo stesso indagato) è finito nel nulla per prescrizione.

Si passa poi al 1999, quando l'Ingegnere torna in Tribunale per Olivetti, questa volta con l'accusa di falso in bilancio: ricavi gonfiati nel periodo '94-96. Il procedimento si conclude con un patteggiamento per tre mesi di reclusione e un risarcimento. Una «condanna» che però è poi stata revocata nel 2003, dopo la revisione del reato di falso in bilancio varata dal governo Berlusconi.

In positivo e in sede civile, al gruppo Cir dei De Benedetti arriva invece il super risarcimento legato al Lodo Mondadori. Una cifra determinata nel 2013, dopo varie sentenze, in 494 milioni che proprio il gruppo Fininvest di Berlusconi ha versato alla Cir.

Positivo in questi anni è anche stato l'esito di una vicenda non giudiziaria, ma comunque esemplare della maestria con cui De Benedetti, 83 anni il prossimo 14 novembre, si disimpegna dalle difficoltà. È la storia di Sorgenia, società elettrica fondata dalla Cir, ma finanziata soprattutto dalle banche e dal socio austriaco Verbund, finita sull'orlo del fallimento con un buco nell'ordine del miliardo. Senza però costare più di qualche milione alla Cir, che quando doveva ricapitalizzarla ha preferito lasciarla alle banche.

Ma si deve finire con una delle grandi passioni dell'Ingegnere: il trading. Comprare, vendere e guadagnare. Sempre alla ricerca di informazioni. Un istinto che lo ha portato vicino al reato di insider trading. Esiste infatti un patteggiamento vecchio di vent'anni, con una multa di 50 milioni di lire, per operazioni su titoli Olivetti. Mentre non si sono più avute notizie di un'inchiesta molto più recente, aperta due anni fa sia alla Consob, sia alla Procura di Roma, su un possibile caso di insider nel trading delle banche popolari nell'imminenza della trasformazione in spa decisa dal governo Renzi a inizio 2015.

Ma per fermare l'Ingegnere ci vuol ben altro.

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