Cronache

"Un tavolo per le paritarie Solo così Stato risparmia e garantisce diritti a tutti"

Suor Anna Monia Alfieri, voce autorevole e accreditata del mondo scolastico, chiede al ministro Fedeli di accelerare sul tavolo - promesso - per definire l'applicazione del costo standard di sostenibilità per allievo, applicabile ugualmente a tutte le scuole pubbliche, paritarie e statali

"Un tavolo per le paritarie Solo così Stato risparmia e garantisce diritti a tutti"

La scuola italiana dalle materne alle superiori è frequentata in Italia da otto milioni 826mila 893 studenti, 1 milione 109.585 dei quali frequentano scuole non statali, cioè non gestite dallo Stato, ma che dallo Stato sono controllate e riconosciute come luoghi di istruzione in base alla legge 62 del 2000.

Per garantire l'istruzione a tutti lo Stato ha stanziato nell'anno scolastico 2015-2016 49 miliardi e 418 milioni di euro per la scuola statale e 499 milioni per quella paritaria. Proprio per quest'ultima, però, sono via via diminuiti gli stanziamenti: sono passati da 530 milioni nell'anno scolastico 2006-2007 a 499 milioni nell'anno scolastico 2015-2016. Significa che ogni studente delle scuole statali riceve in finanziamenti, solo dallo Stato centrale, 6403,52 euro solo di spese correnti. La cifra aumenta di molto considerati i finanziamenti degli enti locali. Nella Francia laica e secolarizzata secondo i dati OCSE del 2014 la differenza tra la spesa per uno studente delle scuole paritarie è uno che frequenta le scuole statali è di soli 3.824 euro, mentre in Italia 6.769 (a vantaggio delle scuole statali).

Gli scarsi finanziamenti hanno provocato nel corso degli anni un calo delle iscrizioni alle scuole paritarie, che sono passate dall’11,85%per cento l'anno scolastico 2010-2011 al 10,64 per cento dell'anno 2015-2016. C'è un dato però che testimonia la fiducia che molte famiglie ripongono nelle scuole non statali: la crescita degli studenti con bisogni particolari, come stranieri e disabili. I ragazzi disabili iscritti sono passati dagli 11.547 dell'anno scolastico 2010-2011 ai 12.211 dell'anno scolastico 2014-2015, mentre gli stranieri sono passati da 45.069 a 60.017.

Come abbiamo visto il 93,8 per cento degli alunni delle scuole primarie di secondo grado frequentano scuole statali. Garantiscono qualità? No, dal momento che l’Italia è agli ultimi posti nella gran parte dei punteggi delle edizioni 2015 dei test OCSE che servono per verificare le competenze degli studenti nelle competenze scientifiche. Siamo quart'ultimi nella capacità di lettura, stiamo quintultimi in matematica. Stiamo davanti solo alla Spagna tra i grandi Paesi europei. Nella laicissima Francia lo Stato paga gli insegnanti delle scuole paritarie e le rate sono bassissime: il 32 per cento degli studenti frequenza scuole paritarie e nei test OCSE la Francia ci batte abbondantemente.

La soluzione? Un modo per sostenere economicamente l'educazione di tutti i ragazzi - anche di quelli che non frequentano la scuola statale e allo stesso tempo far risparmiare risorse allo Stato c'è e sta nell’applicazione del costo standard di sostenibilità per allievo, applicabile ugualmente a tutte le scuole pubbliche, paritarie e statali: immaginando che in ogni classe ci siano 25 studenti si ottengono questi risultati: ad esempio nella scuola materna ogni alunno costerebbe 4570 3,91 euro, se in quella stessa classe ci fosse un alunno disabile la cifra salirebbe a 5.360 9,58 euro, ad esempio. Applicando questi costi standard a ogni alunno di ogni scuola costerebbe 5 mila 441 euro per un costo statale di 47,1 miliardi I(cioè ben 2,8 miliardi in meno di oggi). È possibile perciò far risparmiare soldi allo Stato e garantire il diritto fondamentale all'istruzione senza discriminazioni economiche, restituendo alla famiglia la responsabilità educativa in una piena libertà di scelta ed è possibile grazie a un pluralismo educativo in cui lo Stato garantisce pari risorse a tutte le scuole, con l'obiettivo di innalzare la qualità dell'istruzione italiana, portandola allo stesso livello degli altri Paesi europei.

Prendendo ad esempio Paesi con grande tradizione in materia di Stato sociale, come quelli nordici, il sistema scolastico finlandese vede una stragrande maggioranza di istituti paritari (se non quasi la totalità) finanziati dallo Stato, a tutela delle esigenze educative del singolo bambino.

Se abbiamo applicato, per quanto in modo imperfetto, il sistema del costo standard per persona alla sanità, perché non possiamo provarci con la scuola? Una via d’uscita possibile viene dalla ridiscussione del rapporto fra Stato ed Enti locali avviato dai due referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto.

Partendo dal caso lombardo, ora che si è aperto il capitolo della trattativa col Governo in merito ad una maggiore autonomia amministrativa e finanziaria, uno dei temi è proprio l’introduzione del criterio del costo standard nel sistema scolastico. Se la Lombardia può essere considerata capofila in questo fra le Regioni, il principale obiettivo si traduce in più sussidiarietà per consentire una ulteriore personalizzazione dei percorsi, una maggiore libertà di scelta delle famiglie, oltre all’adozione di costi standard. Come illustrato dall’Assessore regionale Valentina Aprea a Tuttoscuola, “Regione Lombardia intende richiedere trasferimenti di funzioni e di risorse in materia di istruzione e formazione professionale per estendere il modello lombardo del sistema dotale (Buono Scuola, Dote Scuola, Dote Merito, Dote Formazione, Dote Disabili e Dote Apprendistato) a tutta l’istruzione statale e paritaria, introducendo il principio dei “costi standard di sostenibilità” come parametro per il finanziamento. Non si tratta di inventare nulla, ma di guardare alle buone esperienze italiane e internazionali come, ad esempio, a quella del settore sanitario dove, da anni, le strutture sanitarie pubbliche e private (sia profit che non profit) competono tra loro “ad armi pari”, ricevendo i finanziamenti pubblici sotto forma di un rimborso uguale per tutti sulla base della singola prestazione erogata”. La novità è che l’autonomia toccherebbe anche la materia del reclutamento del personale, poiché - ferma restando l’abilitazione nazionale - potrebbe essere costituito un Albo Regionale dei docenti per realizzare la reale autonomia scolastica e sostenere lo sviluppo professionale dei docenti, così come già avviene ad esempio nella Provincia Autonoma di Trento.

In poche parole, è un criterio di razionalizzazione che tenga conto delle esigenze di ciascun istituto scolastico in rapporto alle persone e al territorio l’unica strada per una riforma del sistema scolastico compiuta e di successo, a vantaggio in primis di bambini e studenti, ma anche degli insegnanti.

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