Cronache

Telefonata choc dopo lo stupro. Il rom: "Ora esco con tua figlia"

I rom conosciuti su Facebook, poi lo stupro. "Disse che ci avrebbe ucciso se avessimo parlato". Così le due sono cadute nella trappola

Telefonata choc dopo lo stupro. Il rom: "Ora esco con tua figlia"

"Se avessimo raccontato a qualcuno quello che ci aveva fatto, ci avrebbe ucciso e avrebbe fatto del male alle nostre famiglie". E così per mesi l'incubo è rimasto nascosto. Soltanto ieri, infatti, i carabinieri della Stazione di Roma Tor Sapienza hanno arrestato Mario Seferovic (21 anni) e Maikon Bilomante Halilovic (20 anni), entrambi residenti nel campo nomadi di via di Salone. L'accusa è di violenza sessuale di gruppo continuata e sequestro di persona continuato in concorso. Le vittime sono due 14enni che le due belve hanno stuprato in via Birolli, un vicolo cieco che parte da via Collatina, alla periferia est di Roma. "Ci minacciava - racconta una delle due ragazzine al Messaggero - per questo non abbiamo detto nulla".

Dalle indagini dei carabinieri è emerso che solo Mario Seferovic ha avuto un rapporto sessuale con le vittime, due ragazzine quattordicenni romane. Ha abusato di loro, dopo averle minacciate di morte e averle legate in una zona boschiva della Collatina. Maikon Bilomante Halilovic, intanto, faceva da palo. Sebbene i fatti siano avvenuti il 10 maggio, le due giovani non hanno denunciato immediatamente lo stupro e non sono nemmeno ricorse a cure mediche. "Mario ha chiamato anche a casa - racconta ancora la vittima - e ha parlato con mia madre fingendosi un ragazzo qualunque per convincerla a farmi uscire con lui".

Dopo un mese, venuti a conoscenza dell'episodio, i genitori di una delle due vittime si sono rivolti ai carabinieri della stazione di Roma Tor Sapienza facendo partire le indagini. Ascoltate con le cautele di legge in quanto minori, i racconti delle ragazzine coincidono: una delle due aveva conosciuto il 21enne su Facebook e dopo una corrispondenza telematica aveva accettato di incontrarlo. "Volevo conoscerlo di persona dopo che per giorni ci eravamo scambiati messaggi su Facebook- spiega la ragazza al Messaggero - mi aveva dato appuntamento in chat e ci sono andata con la mia amica, non pensavo potesse succederci questo". A quel maledetto incontro, Mario Seferovic si è presentato con un paio di manette. Le ha costrette a seguirlo in un terreno nascosto alla vista dei passanti e, dopo averle legate per impedire loro di allontanarsi, ha abusato sessualmente di entrambe, mentre Maikon Bilomante Halilovic faceva, appunto, da palo. Secondo il gip Costantino De Robbio, i due hanno agito "con estrema freddezza e determinazione, assoluta mancanza di scrupoli e non comune ferocia verso le vittime".

Sui Facebook Mario Seferovic non usava il suo vero nome. "Si faceva chiamare Alessio il Sinto", ha detto una delle vittime ai carabinieri. "La scelta del luogo, irraggiungibile, dimostra la premeditazione - spiega il gip - così come l' utilizzo delle manette". Dopo lo stupro, iniziano le minacce. "Se raccontate qualcosa - aveva intimato il nomade - vi ammazzo". Ed è per questo che le due giovani romane non hanno immediaramente denunciato le due belve. Per mesi, secondo quanto ricostruito dal Messaggero, Mario Seferovic ha controllato gli spostamenti di entrambe le vittime ed è persino arrivato a chiamare a casa di una delle due. "Ora esco con tua figlia", le ha detto. L'incubo è andato avanti finché le due minorenni non hanno trovato il coraggio di raccontare quanto accaduto ai genitori.

E la loro denuncia ha apertio le porte del carcere di Regina Coeli ai due nomadi.

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