Cronache

Il terrorismo minaccia Roma

Dai profeti di Allah alla guerra contro l’Occidente: il litorale romano covo di estremisti e pericolosi fiancheggiatori

Il terrorismo minaccia Roma

Allarme terrorismo sul mare di Roma. Dai profeti di Allah inneggianti al mullah Omar alla guerra contro l’Occidente. Il litorale romano covo di estremisti e pericolosi fiancheggiatori. Come i tre pescatori arrestati ad Anzio con un chilo e mezzo di tritolo e le piantine dell’aeroporto intercontinentale di Fiumicino, dei Mc Donald’s della capitale e del cimitero monumentale USA di Nettuno.

Ieri l’ennesimo "episodio" con i tre magrebini stanziati all’Infernetto, tra Ostia beach e Casalpalocco, pronti a colpire obiettivi sensibili. Acciuffati quasi per caso, dopo una corsa nella notte sul Grande Raccordo Anulare. Non si erano fermati all'alt della polizia, del resto, i due stranieri scambiati per spacciatori o rapinatori da quattro soldi. Ma sull’auto di grossa cilindrata abbandonata dalla coppia in fuga gli agenti del commissariato Romanina hanno recuperato due pistole. Nel camper piazzato nel quartiere residenziale alle porte di Roma, occupato dalla donna di uno di loro, una bandiera dell’Isis simile a quella messa in rete dopo il fotomontaggio che la mostra mentre sventola in piazza San Pietro. Non solo. Gli investigatori avrebbero trovato altro materiale giudicato “interessante”, ovvero documenti sullo stato islamico del califfo Abu Bakr al Baghdadi che più volte ha annunciato di conquistare Roma, simbolo della cristianità, e di schiavizzare le donne romane. Gli uomini migliori dell’antiterrorismo e della Digos hanno circondato e perquisito con mille cautele il camper, prima di consegnarlo agli esperti della polizia scientifica per tutti gli accertamenti del caso. Si cercano soprattutto impronte di persone note ai servizi antiterrorismo occidentali. Per il momento l’indagine, seguita da vicino dal ministero dell’Interno, è coperta dal massimo riserbo. Di più. Che si sia trattato di un gruppo di simpatizzanti senza alcun collegamento con l’esterno o di una cellula dell’Isis pronta a colpire obiettivi strategici nella Città Eterna?

Insomma, torna la paura all’Infernetto, quartiere bene nell'immediato entroterra costiero di Roma, più volte protagonista delle cronache. A cominciare da quando viene scelto per ospitare Abdullah Ocalan “Apo”, lo “zio” del Pkk curdo, arrestato in Italia e in attesa di essere estradato e processato dai suoi nemici turchi. Oltre 40 giorni l’assedio di reporter e cineoperatori di tutto il mondo davanti la villetta che lo ospitava, tenuti a debita distanza dall’antiterrorismo in quello che divenne il Check Point Infernetto. Ma il terrore allo stato puro per lo scampato pericolo lo possono raccontare i carabinieri che hanno fatto irruzione in un appartamento sul mare di Anzio, quando trovano un “mattone” di tritolo nascosto sopra lo scaldabagno. Non solo. In casa di quelli che sembravano innocui pescatori egiziani con mogli e figli una vecchia pistola Beretta calibro 9 con sei proiettili, un cinturone da kamikaze, mappe e numeri telefonici. Accusati di associazione eversiva con finalità di terrorismo, porto e detenzione di armi e materiale esplosivo dai pm del pool antiterrorismo Franco Ionta ed Erminio Amelio, i tre vengono prima condannati poi assolti. Non erano loro i “fratelli” dormienti, pronti a colpire l’Occidente. Forse coprivano qualcuno, oppure sono stati usati per salvare i veri terroristi. Fatto sta che in casa loro qualcuno pronto ad entrare in azione c’è passato. Altrimenti non si spiegano le piante del cimitero dei soldati alleati morti durante lo sbarco, dell’aeroporto di Fiumicino e di un locale della catena Mc Donald’s. Oltre un anno di indagini fra il primo covo di via Mantova, a pochi passi dalla caserma dell’Arma e, soprattutto, a ridosso della base Nato C4, fino alla casa di via Furia Anziate, a meno di 100 metri dal vecchio commissariato, prima del blitz che porta i militari agli arresti e al sequestro dell’esplosivo. Nel frattempo a Ostia gli 007 dell’antiterrorismo tentano di acciuffare un loro connazionale segnalato da “servizi amici”. Un extracomunitario perfettamente integrato nella casbah okkupata di Capo delle Armi (oggi sgomberata) e con un passato difficile da dimenticare. Autore di numerosi attentati, un lutto in famiglia (un fratello) da vendicare. Ancora: legami con l’Oci, l’Organizzazione Comunista Internazionalista che contava 7 sedi fra Milano, Roma e Napoli. Nelle mani degli inquirenti, infine, 3 nastri registrati in Medio Oriente con filmati inediti di imam e dignitari islamici che incitano i fedelissimi di Bin Laden alla Guerra Santa; agende con gli elenchi delle moschee della regione fra cui la “Al Hamiri” di via Gioberti, a Milano, dove nel febbraio 2002 sei arabi vengono intercettati mentre parlano di armi e bombe. “La pianta di Nettuno - spiegano i carabinieri - non è una mappa distribuita a turisti: si tratta di una fotocopia ingrandita della cartina di Nettuno con due croci segnate a penna in corrispondenza dell’uscita posteriore e della direzione del cimitero monumentale americano” sul viale della Rimembranza”. Un simbolo: l’attentato avrebbe colpito soprattutto il sentimento patriottico di milioni di statunitensi. I loro rapporti diretti con il movimento islamico in tutta Europa e con alcuni centri sociali italiani sarebbero accertati fin dalle prime battute della maxi inchiesta avviata dalla Procura di Velletri nell’autunno 2001. L’ipotesi più accreditata? Che i tre costituissero una cellula attiva di Al Qaeda nel Mediterraneo. “Missili” pronti a colpire i luoghi mostrati sulle mappe. Ma gli Unabomber islamici si difendono: “Siamo stati incastrati”. Per finire, il giallo dello steward palestinese proveniente da Tunisi, fuggito da una pista del Leonardo da Vinci e rintracciato giorni dopo a più di 100 chilometri di distanza. Resta un mistero a distanza di anni, insomma, la vicenda di Mohamed Ezzar Takhert, all’epoca dei fatti 27enne, della Lybian Arab Airlines scovato a pochi passi da una moschea di Latina. Dove sono finiti tesserino aeroportuale e l’abito da assistente di volo del palestinese ma con passaporto giordano che ha scorrazzato per ben 11 giorni nel nostro Paese mandando in tilt servizi segreti e antiterrorismo? Fra le ipotesi mai dimostrate, che l’uomo possa aver incontrato terroristi islamici pronti a colpire nella capitale.

Un “cavallo” incaricato di portare documenti per i fedelissimi del mullah Omar.

Commenti