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Terroristi cretini, ma i mandanti purtroppo no

Quelle menti criminali che manipolano i kamikaze

Terroristi cretini, ma i mandanti purtroppo no

«Ho una decina di martiri già pronti. Li ho scelti e addestrati, attendono solo di colpire. Ricevo molte proposte, ma la gente in gamba è poca. Devo selezionare per non sprecare risorse. Trovare esplosivi e mezzi tecnici è complesso quanto portare alla meta lo shahid. Ci vuole organizzazione. Il sacrificio di un uomo mette a rischio tanti militanti, dunque scelgo solo chi ha fede e determinazione perché altrimenti può esitare e far fallire l'azione». Così, nel settembre 2001, Mahmoud Tawalbe, addestratore dei kamikaze della Jihad Islamica nella città palestinese di Jenin, mi spiegava come sceglieva i propri uomini. L'amarcord mi serve per replicare a Pier Luigi Del Viscovo che su queste pagine liquida gli attentatori suicidi come dei cretini. «Li ferisci se non li condanni, ma se li tratti da scemi, da stupidi allora gli fai male, perché teorizza - indebolisci la presa sul target che vorrebbero conquistare». Ma, come spiegava Tawalbe, il terrorismo suicida si regge anche su un'organizzazione millimetrica che seleziona i candidati, confeziona gli esplosivi e li porta all'obiettivo. «Ogni giorno neutralizziamo una decina di auto bomba e di kamikaze, non so dove li trovino, ma so che domani ne arriveranno altrettanti», mi raccontava a novembre Rad, un capitano dell'esercito iracheno incontrato in un quartiere di Mosul in mano all'Isis. Insomma, la mamma degli imbecilli sarà anche sempre incinta, ma il problema è chi inquadra i suoi pargoli. Un aspetto plasticamente evidente nel villaggio cristiano iracheno di Qaraqosh dove l'Isis usava la chiesa di San Giorgio come officina per preparare autobomba su scala industriale. E l'organizzazione materiale è solo l'ultimo ingranaggio della catena. Per farlo girare a pieno regime spingendo il materiale umano nella mani dei reclutatori è indispensabile il carburante della propaganda. Su internet dilagano i filmati dello Stato Islamico diretti ad attirare i cosiddetti «cretini». Molti lo sono, ma Del Viscovo non dice come rieducare le loro menti e sottrarli a quell'ipnosi dell'odio. Anche perché a condizionarli contribuisce, ad un terzo e precedente livello, la predicazione religiosa. La cantilena dell'odio della rete attrae soprattutto chi segue le versioni più estremiste dell'islam come quella wahabita. Per diffonderla non servono manco i terroristi. Ci pensano Paesi come l'Arabia Saudita e il Qatar, nelle cui moschee s'insegna lo stesso culto predicato dal Califfato. Oggi, grazie ai soldi di Ryiad e di Doha, quelle moschee operano anche in Europa e Italia plasmando menti e cuori di chi si abbevera alla propaganda dell'Isis. I cosiddetti «cretini» sono dunque il terminale di un sistema molto più pervasivo e complesso di quello che Del Viscovo vorrebbe assimilare al terrorismo politico degli anni '70. Ma l'errore più grave è l'illusione di arginare il terrore islamista neutralizzando gli ultimi elementi della catena.

Un po' come voler bloccare il traffico internazionale di droga facendo ragionare gli spacciatori di quartiere.

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