Cronaca locale

La curiosa Milano degli scrittori osservata «Dal tetto del Duomo»

Milano romana e spagnola; Milano nel secolo dei lumi; Milano napoleonica e risorgimentale. E ancora: Milano dopo l’Unità e infine nel Novecento.
Chi ama questa città, a volte bistrattata e non sempre a ragione, avrà modo di recuperare il suo orgoglio di appartenenza nel libro Dal tetto del Duomo di Mauro Raimondi (Editore Touring Club Italiano, pagg. 192, euro 24,90, prefazione di Roberto Ruozi e Massimiliano Orsatti, pagg. 192, euro 24,90). Il testo, accompagnato dalle fotografie di Annalisa Cimmino e Lorenzo Jucker, ne traccia un profilo inedito attraverso illustri viaggiatori stranieri che hanno lasciato testimonianza del loro passaggio. Ne scopriamo così delle belle, sugli stessi protagonisti e sulla città; istantanee di volta in volta critiche, ammirate, ironiche o entusiaste tra monumenti e musei, tra le vie e nei parchi. Ma anche nelle pagine dei diari, nelle lettere o nei libri che ci raccontano le atmosfere e i costumi meneghini. Sapevate per esempio che il giovane Hemingway si recasse beato in carrozza all’ippodromo di San Siro? O che Charles Dickens, romanziere e cronista inglese tra i più popolari, si sia perso nella bruma lombarda? E che il buon Byron si deliziasse dalle lettere di Lucrezia Borgia, gelosamente custodite all'Ambrosiana? Gli aneddoti sono tanti e gustosi, taluni piccanti, che la dicono lunga su una metropoli contraddittoria, segreta e dai mille volti, ma indiscutibilmente fascinosa e intrigante (il poeta Ausonio scriveva che «tutto è meraviglioso a Milano», apprezzandone in particolare «il numero e l'eleganza dei palazzi, l’indole affabile della gente; il vivere lieti»).
Chi mai avrebbe immaginato il solitamente malinconico e cupo Franz Kafka a sollazzarsi in un bordello? Sul tetto del Duomo, la magnifica cattedrale in fase di essere messa definitivamente a nuovo - si spera non solo in previsione dell'Expo ma anche per la gioia dei milanesi (i finanziamenti per ultimare il restauro sembrano latitare) - sono saliti tutti o quasi gli uomini illustri nei secoli: proprio dietro l'altare si racconta di un assorto Shelley intento a leggere Dante molto prima di Sermonti; dalla sua cima si affacciarono Madama de Staël, Jacob Burckhardt, Melville e non solo: il Duomo, «giocattolo secolare, quasi tutto zucchero» (copyright Rainer Maria Rilke), ha sedotto e seduce, anche se un incavolatissimo Jean Giono (1895-1970), ha proclamato che «Il Duomo non vale una caccola di coniglio». Transeat. Piacevano e piacciono la Galleria, Brera, La Scala, il Castello e certi anfratti per intenditori... anche se il traffico, già allora snervava (il lamento è di Hermann Hesse). Mentre Henry James contemplava ammirato Raffaello a Brera, Le Corbusier si divertiva al Monumentale. Ma non ci sono solo lodi e complimenti: Sigmund Freud definiva Milano «biliosa» e Montesquieu, ingeneroso, bollava i milanesi come «avari». Se Stendhal si rivelò innamorato della Scala e delle donne, non la pensava così il caustico Mark Twain a spasso in corso Venezia che le liquidava impietoso: «Baffute». Ma Twain, diciamolo in tutta franchezza, doveva avere un pessimo carattere e un pessimo gusto, al contrario del tedesco Arnold von Harff (1471-1505) che annotava più realista e gentile: «Secondo il mio debole giudizio ho visto a Milano le più belle donne tra tutte quelle che ho incontrato ne’ miei viaggi». Milanesi, splendide diavolesse tentatrici. Of course..

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Il libro Dal tetto del Duomo (Tci) sarà presentato stasera alle 21 alla Fondazione Maimeri (corso Colombo 15)

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