Cronaca locale

Dai Caraibi all’India alle Hawaii, il ballo etnico fa proseliti

Semplici scuole di ballo? Non sia mai! Tango, valzer e cha cha? Hanno fatto il loro tempo. Oggi a Milano, complici anche i viaggi organizzati in terre lontane, si balla «etno», perché fa tendenza; un po' come si preferiscono i ristoranti esotici alle trattorie toscane, anche se per molti ma non per tutti. D’altra parte, basta guardarsi intorno: impossibile censire in città le scuole e scuolette di Salsa, Merengue, Bachata e balli portoricani per il gran turn-over di queste iniziative, spesso domiciliate in seminterrati, appartamenti, scantinati o ex negozi con tanto di vetrine. Anche la domanda per Flamenco e danza del ventre rimane sostenuta. Tuttavia, entrambe queste discipline hanno furoreggiato soprattutto negli Anni Novanta, per la gioia di molte appassionate con almeno la 46 di taglia (per la danza del ventre è quasi obbligatorio avere un po' di ciccia attorno alla vita e sul «lato B», altrimenti, niente da fare...). La novità, semmai, è che oggi, a causa di quell'infaticabile ricerca di novità da sperimentare, una vera e propria frenesia, a Milano sta esplodendo l'etnico coreografico: è tutto un volteggiare di fusciacche multicolori, di serti di fior di loto sui capi di casalinghe, commessine, nonne e via elencando. Le pratiche ma poco «scenose» tute da ginnastica sono infatti attrezzi del passato: giù in cantina.
E allora ecco il corso di Hula hawaiana e di Tamureté (quella danza che fa vibrare i fianchi femminili come ali di calabrone) che la docente, Sonia Martinovich, organizza al Club Magica di corso di Porta Ticinese, per un numero di allieve mai inferiore a cento. In quanto tempo si impara a danzare come la bella Tarita, interprete con Marlon Brando dell'indimenticabile Gli ammutinati del Bounty? «Il percorso è lungo - dice Silvia Ghedy, una delle responsabili insieme con Irene Borg e Ada Went -, ma in un paio d’anni se ne può avere quanto meno un'idea». I motivi che spingono tante milanesi a danzare al suono di chitarra hawaiana e ukulele non sarebbero legati al solo desiderio di diventare più sexy. «La Hula sta sfondando perché è divertente - dicono le docenti - e riesce a trasportare gli esecutori in un mondo di fiaba». E si sa, quando pensieri e frustrazioni riescono a restare per un po' dietro le spalle, c'è anche caso di diventare più socievoli, altruisti e tolleranti. Belle cose di cui oggi molti sentono un gran bisogno.
Dall'Oceano Pacifico all'Oceano Indiano il passo è breve. Almeno tra le scuole di danza di Milano. Apsaras, Centro per le arti sceniche indiane, ha preso il nome in prestito dalle danzatrici celesti descritte nei testi della mitologia hindu. La disciplina che si insegna nella sede presso il teatro Il Trebbo in via De Amicis, si chiama Bharata Natyam, un rito indiano antico di duemila anni che si pratica coi sonagli alle caviglie per apprendere il linguaggio Mudra (delle mani); Tala (dei piedi) e Bhava (delle diverse espressioni del volto e del corpo). «Un lavoro intenso e complicato - svela Oliviero Grimaldi, uno degli organizzatori del centro insieme all'ideatrice, Marcella Bassanesi - perché è una forma di yoga in movimento». Di solito è il corso di primo livello a decidere se, trascorso un anno, si è maturi per passare alla disciplina Bharata, che tuttavia viene insegnata a numeri ristretti di partecipanti. I quali, comunque, accorrono senza farsi scoraggiare. Anche perché qui si insegna pure la più accessibile Bollywood Dance, con vesti e coreografie che il nuovo cinema indiano ha reso celebri alle nostre latitudini. Molto ricercati, infine, stanno pure diventando i ritmi ipnotici della Pizzica. Per iscriversi ai corsi sulle danze popolari del Salento, c'è da fare la fila all'associazione «Il Mosaico» di via Giulio Romano. Qui i partecipanti sono tutti contenti di potersi agitare un po' con in mano un tamburello. Tutta gente con una gran voglia di ballare a piedi nudi, nella atmosfera particolarissima che fisarmonica e percussioni riescono ad accendere.

Magari dopo una giornata di lavoro con giacca e cravatta, dietro uno sportello di banca.

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