Economia

La decisione di Madrid dopo le pressioni di McCreevy, commissario per il Mercato interno. Cadono i vincoli su Endesa, Repsol, Telefonica e Iberia Bruxelles all’attacco sulla «golden share» La Spagna rinuncia ai poteri speciali nelle società privatizz

Nel mirino gli statuti di Eni, Enel, Terna Finmeccanica e Telecom

Angelo Allegri

da Milano

La Spagna cede all’Unione Europea e si prepara a cancellare le norme sulla golden share. D’ora in avanti il governo di Madrid non avrà più potere di veto formale sui cambiamenti azionari in quattro colossi dell’industria iberica privatizzati negli anni scorsi: Telefonica, Endesa, Repsol e Iberia. La notizia, anticipata dal Financial Times, è da considerare una vittoria del Commissario al mercato interno Charlie McCreevy, che aveva lanciato nei confronti del governo spagnolo un vero e proprio ultimatum. La resa di Madrid, peraltro attesa, ha però una conseguenza ulteriore: quella di lasciare meno spazio all’Italia di fronte a una possibile offensiva di McCreevy nei confronti della Penisola. Un fronte ulteriore che potrebbe aggiungersi all’ormai sicura richiesta di procedura di infrazione per il comportamento di Bankitalia in occasione delle scalate su Bnl e Antonveneta.
A metà ottobre il Commissario europeo aveva inviato a Roma una lettera in cui chiedeva all’esecutivo di ridimensionare la legge che concede privilegi speciali allo Stato in cinque società privatizzate: Telecom Italia (nella quale, tra l’altro, lo Stato non possiede più azioni), Eni, Enel, Finmeccanica e Terna. Secondo McCreevy l’attuale normativa è in conflitto con il principio di libera circolazione dei capitali. Per il momento si è trattato di una sorta di ammonizione amichevole e il governo ha tempo fino alla fine dell’anno per far arrivare a Bruxelles le proprie osservazioni. Nel caso però la risposta di Roma non fosse considerata soddisfacente la Commissione potrebbe decidere di ricorrere alla Corte di giustizia europea.
Secondo uno studio degli uffici di Bruxelles, reso noto a cavallo dell’estate, nei 15 Paesi che rappresentano il nocciolo duro dell’Unione sono 20 le società in cui gli Stati conservano poteri speciali. Cinque tra esse operano nel settore della difesa (per l’Italia c’è Finmeccanica). Un’area particolarmente delicata su cui anche la Commissione sembra disposta a chiudere un occhio. Oltre alle aziende italiane e quelle spagnole nella lista ci sono due gruppi inglesi, due olandesi e uno tedesco (Volkswagen). Di fronte alla Corte di giustizia sono pendenti i ricorsi contro Germania e Olanda. Ancora all’esame invece la situazione degli altri Paesi.
Il peso delle norme italiane sulla golden share, introdotta nel 1994, è già stato via via ridotto nel tempo. L’ultima volta è accaduto in occasione della Finanziaria 2004. Oggi il governo può opporsi all’ingresso di nuovi soci solo in caso di «pregiudizio rilevante per gli interessi dello Stato». Per quanto riguarda Telecom è previsto ancora un «gradimento» ai soci che controllino più del 3% del capitale.
Un’offensiva contro la golden share potrebbe rappresentare un segnale dell’atteggiamento di Bruxelles nei confronti di una norma della Finanziaria di quest’anno, quella sulle cosidette «pillole avvelenate» per le società privatizzate.

La norma, per consentire allo Stato di ridurre ancora la partecipazione in gruppi come Eni o Enel, stabilisce vincoli e difese speciali in caso di scalata ostile.

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