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Diamoci un taglio: in 10 anni triplicati in Italia i chirurghi estetici

Bisturi boom: i medici del settore sono passati da 1500 a più di quattromila. Ma attenzione, solo la minoranza di loro sono dei veri specializzati

Non ti piaci? Diamoci un taglio o perlomeno un'aggiustatina con un'iniezione di botulino. Boom in Italia della chirurgia estetica. E mentre filler, botox e acido ialuronico sono ormai entrati nel vocabolario giornaliero, negli ultimi dieci anni gli specilista del ritocco sono molto più che raddoppiati: erano circa 1.500, ora siamo arrivati a contarne circa quattromila. Il problema, però, è che due su tre sono improvvisati.
«Sono più di 2.000 i camici bianchi che non hanno una specializzazione specifica in chirurgia plastica ed estetica, ma che esercitano senza avere una competenza specifica. D'altronde quello della chirurgia estetica è un mercato che tira, anche in tempo di crisi economica». A tracciare questo quadro inquietante è Nicolò Scuderi, ordinario di Chirurgia plastica all'università la Sapienza di Roma, che puntualizza: «Gli specializzati in materia iscritti alla Sicpre (Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica) sono un migliaio o poco più». E gli altri?
Gli altri sono perlopiù medici specializzati in altri settori della chirurgia. «Ma ci sono anche ginecologi, dentisti, gastroenterologi e altri, tra cui semplici laureati in medicina senza alcuna specializzazione - spiega Scuderi - . D'altro canto in Italia per esercitare basta essere laureati in medicina, avere l'abilitazione e essere iscritti all'Ordine dei medici. Poi si può fare tutto, a parte l'anestesista e il radiologo». Anche se improvvisati, hanno quindi tutte le carte in regola per esercitare, «ma non hanno una formazione e una specializzazione specifica».
I motivi che spingono i camici bianchi a lanciarsi nel mercato del ritocco estetico sono principalmente tre. «Innanzitutto - spiega Scuderi - la difficoltà dei giovani medici a trovare lavoro. Ormai gli ospedali, così come le università, assumono sempre meno. Il sistema sanitario nazionale sta riducendo il numero dei camici bianchi e molti di questi si rivolgono verso quelle discipline tipiche del settore privato, come appunto la chirurgia estetica». Un altro motivo è la 'buona salute' che gode questo settore. Anche in tempo di crisi economica gli italiani sembrano disposti a rinunciare a molte altre cose, ma non alla cura del loro aspetto fisico. Secondo un recente studio della Sicpre, anche grazie ai prezzi in calo, si è registrato un aumento di richieste di interventi estetici del venti pèer cento. I ritocchi più in voga sono quelli di sempre: mastoplastica additiva, rinoplastica, blefaroplastica e liposcultura.
Infine, la grande risonanza mediatica intorno a questa disciplina. Prima la figura di riferimento di un giovane medico era rappresentata dal cardiochirurgo di fama, ora è il chirurgo estetico.

Che rappresenta soldi, successo e fama.

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