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E la Casa Bianca fa arrossire "l’Unità"

Il quotidiano del Pd aveva ironizzato sull’incontro tra il presidente Usa e Berlusconi: "Mai fissato un colloquio". Ma il comunicato di Washington sbugiarda l’articolo. Confermando che i due leader si vedranno il 15 giugno

E la Casa Bianca fa arrossire "l’Unità"

Non sarebbe stato niente di più di un comunicato ufficiale atteso, fra due Paesi alleati, per puro caso arrivato la sera precedente un appuntamento elettorale importante, alla fine di una campagna di odi e di polemiche, di utilizzo selvaggio degli attacchi personali al presidente del Consiglio e capo del governo eletto dal popolo. In una nota diffusa venerdì sera, infatti, la Casa Bianca ha informato che «il presidente Obama accoglierà alla Casa Bianca il primo ministro d’Italia Silvio Berlusconi lunedì 15 giugno». «Stati Uniti e Italia, alleati della Nato, hanno forti relazioni bilaterali e sono partner nel mondo per promuovere pace, prosperità e libertà democratiche». «Il Presidente - prosegue il comunicato della Casa Bianca - intende discutere della preparazione del G8 che si terrà all’Aquila, in Italia, in luglio, e consultarsi con il primo ministro su un’ampia serie di temi strategici di mutuo interesse».
Non sarebbe stato niente più di un comunicato se l’opposizione italiana di sinistra, alla stessa stregua, per dire, della maggioranza socialista di governo spagnola e dei suoi media, non si sentisse diretta emanazione, addirittura in cordata ombelicale, del presidente degli Stati Uniti, perché è un esponente del Partito democratico, a torto ritenuto garanzia di spirito liberal, perché è nero, a torto ritenuto ulteriore elemento di sinistrismo.
Peggio, la sinistra e la sua stampa scatenata, perché la paura è cattiva consigliera, non capiscono il concetto elementare e dominante nella democrazia americana che vuole che un presidente eletto debba godere del rispetto dell’opposizione e della nazione, che i suoi rapporti con i Paesi alleati siano solidi e non seguano le regole degli schieramenti politici dell’altro Paese. Vi propongo a proposito di queste convinzioni micidialmente errate qualche passo di un articolo pubblicato sabato a opera di un Concita Boy su l’Unità. «Storia di un incontro che non c’è. Storia di un faccia a faccia cercato da tempo ma mai ottenuto. Storia di un colloquio annunciato e poi rinviato. Storia di una gaffe diplomatica degna del politico che ha inventato la diplomazia del cucù. Storia di una “bufala” intercontinentale. E del suo ideatore impenitente: Silvio Berlusconi». Siamo solo ai titoli. «... di quella data - 15 giugno - non c’è fonte diplomatica, italiana, americana, occidentale, russa, Nato, Ue..., che ne sa qualcosa o è disposta a confermare. La verità - si lascia andare con l’Unità un diplomatico di lungo corso - è che Obama non sembra morire dal desiderio di incontrare Berlusconi, quello del “presidente abbronzato”, dell’amicizia sbandierata ai quattro venti con George W. Bush e con lo “zar Vladimir”, al secolo Vladimir Putin, premier-padrone della Russia».
Ce n’è anche per noi, per Il Giornale: «A lavorare a tempo pieno per l’incontro alla Casa Bianca è l’ambasciatore italiano a Washington, Gianni Castellaneta. Qualche giorno fa, in una intervista a Il Giornale, il diplomatico può esultare: habemus l’incontro. Quando? Il 15 giugno. Tutto è pronto. Poco importa che di quell’incontro non c’è traccia nel sito del Dipartimento di Stato e della Casa Bianca».
Ora la traccia c’è, e il diplomatico di lungo corso, gola profonda de l’Unità, può serenamente disporsi a pensionamento. Anche perché, se proprio vogliamo parlare dell’atteggiamento del presidente americano, dobbiamo allargare, come hanno fatto in questi giorni alcuni analisti, il discorso all’intera Europa, che Barack Obama non sembra considerare più di una vetrina. A torto o a ragione, vero o no che abbia snobbato gli inviti di Sarkozy per portare la famiglia in visita alla Ville Lumière, corretto o no che sia attribuirgli frettolosità brusca nei confronti della Germania del cancelliere Angela Merkel, non c’è dubbio che il presidente, in linea con la storia del Partito democratico, sia molto ripiegato sugli Stati Uniti e sui suoi interessi immediati, non appartenendogli una visione internazionale di grande respiro. Anche nelle celebrazioni in Normandia ha parlato solo ed esclusivamente del sacrificio e del ruolo degli americani; al cuore del viaggio c’era altro, c’era il dialogo offerto all’islam estremista, problema strettamente legato alla sicurezza nazionale, e per ora solo un wishful thinking, speranza trasformata in enunciazione, che resta tutta da verificare.
Questo non significa che nel futuro anche immediato a Barack Obama non torni utile un altro atteggiamento, più duttile e pragmatico, nei confronti dell’Europa. Basta citare due cosette che gli stanno a cuore: l’ingresso della Turchia nell’Unione, il trasferimento di un po’ di scomodi prigionieri di Guantanamo. La Merkel e Nicolas Sarkozy gli hanno detto di no, e hanno fatto bene.

Le scelte italiane sono dunque ancora più importanti, peccato che il diplomatico di lungo corso abbia dimenticato di spiegarlo a l’Unità.

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