Politica

E in An torna la sindrome dello strappo

E in An torna la sindrome dello strappo

Francesco Kamel

da Roma

Torna la «sindrome dello strappo» in An. Ad agitare nuovamente il partito sono state le poche contorte frasi di Gianfranco Fini sulle coppie di fatto. «Non si devono equiparare alle famiglie ma no alle discriminazioni» ha detto in sintesi il vicepremier. Uno strappo? «Sciocchezze» ha risposto il portavoce Andrea Ronchi che ha aggiunto: «Per An la famiglia è al centro della società. Ma bisogna tutelare i diritti, e tutto questo rispecchia la coerenza di An». Gli ha fatto eco Altero Matteoli, che ha parlato di posizioni «correttissime» di Fini.
Ma non tutti si sono fermati alla difesa d'ufficio. Il più fermo è stato Teodoro Buontempo: «Bisogna capire da ulteriori precisazioni cosa voleva dire davvero Fini: si riferiva alla giusta tutela dei diritti individuali? In questo caso le sue parole sarebbero condivisibili. Ma se prefigurava invece nuovi diritti per nuove situazioni di fatto, questo non sarebbe accettabile». In particolare «per quanto riguarda le coppie dello stesso sesso - ha detto Buontempo - pur con tutto il rispetto delle scelte personali, non possono godere di nessun riconoscimento, in quanto non si può dire che rappresentano la cellula sana della società». Il gruppo «Iniziativa» che fa capo a Giulio Maceratini ha espresso «vivissimo disagio» per le dichiarazioni di Fini e ritiene che «un chiarimento definitivo sia necessario, pena l'abbandono dell'elettorato, sempre più confuso e disorientato da affermazioni reiterate ed univoche». Per Gianni Alemanno «se si parla di diritti individuali da non discriminare sono più che sufficienti le norme costituzionali e del Codice civile che garantiscono i diritti della persona umana in qualsiasi contesto, comprese le unioni di fatto, ed è a questi diritti che Fini ha fatto riferimento, ribadendo la volontà di An di non discriminare nessuno. Ma nel momento stesso in cui si invocano delle norme ulteriori per la promozione di altri modelli, è evidente che si cerca di trasferire ad altre unioni dei diritti che la Costituzione riconosce soltanto alla famiglia fondata sul matrimonio».
In An c’è sorpresa per l’ennesima sortita solitaria di Fini che dovrà spiegare meglio la propria posizione non solo al suo disorientato partito ma anche ai suoi tanti esegeti. I finiani hanno difeso l'ortodossia del leader mentre alcuni si mordevano le mani per non tornare a sparare a zero sul presidente, allo stesso tempo Prodi ha detto di aspettarsi «tanti altri consensi» dopo quello di Fini e il senatore Ds Lanfranco Turci ha dichiarato che «sulla questione dei Pacs il presidente di An si distingue per coerenza e la linearità». É intervenuto anche Sergio Lo Giudice dell'Arcigay: «Siamo d'accordo con Fini. L'introduzione in Italia di una legge sui Pacs è giustificata dalla necessità di rimuovere le discriminazioni che attualmente negano i diritti civili individuali dei cittadini che danno vita ad un'unione di fatto».

Qualcosa non torna.

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