Stile

Ecco lo stile «tutto e subito»: è lo show business della moda

Tom Ford ha aperto la fashion week: «L'imperativo? Vendere, vendere, vendere». Desigual in maschera con Snapchat

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New York Nell'America vista dalla moda Trump ha già perso. Sembrano tutti gentili, politically correct e apparentemente accoglienti verso gli stranieri per non dire inclusivi di tutte le interessanti diversità che caratterizzano i vari popoli della terra. Basta un attimo per capire che le cose non stanno davvero così: la logica del profitto e l'incrollabile convinzione di essere nel giusto senza per altro prendersi la briga di fare una sana discussione, domina anche il pianeta del fashion statunitense. Ecco quindi le persone che nei backstage si rifiutano di darti la mano esattamente come fa Donald Trump che a una signora italiana residente da tempo nella Grande Mela ha rudemente esclamato «I don't shake hands» come se da una banale stretta si potesse prendere chissà quale malattia. Certo gli americani hanno una capacità di fare squadra che noi ce la sogniamo e infatti la loro fashion week dura nove giorni con un appuntamento imperdibile al giorno e il resto da sistemare un po' come vuoi, mentre la nostra è drammaticamente ridotta a sei giorni di cui quattro da cardiopalma.

Ad aprire i giochi è stato mercoledì sera Tom Ford con un fantastico show più cena per 180 persone al Four Season. A detta di tutti c'erano più fotografi intorno al tappeto rosso calpestato da celebrità come Naomi Campbell, Rita Ora, Tom Hanks e Rita Wilson, Julianne Moore, Lauren Hutton, Alicia Keys e ovviamente lui, il texano dagli occhi di velluto appena rientrato da Venezia dove venerdì scorso ha presentato con discreto successo Nocturnal Animal, sua seconda prova come regista dopo A Single Man del 2009. «La sola cosa che conta è vendere, vendere, vendere» ha risposto Tom Ford a chi gli chiedeva come mai ha stravolto i calendari e presentato adesso la collezione autunno/inverno 2016 mentre tutti gli altri si apprestano a sfilare per la primavera/estate 2017. Tutti i look (uno più bello dell'altro, a dir la verità, lusso allo stato puro nell'inconfondibile fattura made in Italy) sono in vendita dal momento dello show, qualche fortunata sta già per ricevere il fantastico abito plissettato sui toni golosi di panna, cioccolato amaro, gianduia e crema pasticcera che costa la bellezza di 4950 dollari. Pare che i pezzi più gettonati siano il setteottavi di nappa color cognac doppiato in pelliccia maculata (14950 dollari) oppure il giaccone di agnello da 7500 dollari. Fenomenale la regia dello show con 22 telecamere connesse in diretta con il sito del brand per quel nuovo rito della moda che qui in America chiamano See Now Buy Now: guarda e compra subito.

Tutt'altra atmosfera, ma la stessa maniacale attenzione alle strategie di distribuzione da Desigual, marchio spagnolo che nel 2000 aveva un turn over di 12 milioni di Euro all'anno che oggi ha raggiunto l'astronomica cifra di 800 milioni. «Noi abbiamo 16 diversi canali di vendita» spiega Daniel Pérez, direttore della comunicazione del brand fondato a Barcellona nel 1985 da uno svizzero di nome Thomas Meyer sulla luminosa idea di costumizzare una giacca da uomo in jeans con inserti di denim in diversi colori. Il giovane manager (la media d'età tra i 5000 dipendenti di Desigual è 31 anni) elenca tutti i social network su cui si possono comprare i prodotti oltre ai 500 negozi monomarca di cui 84 in Italia. «Da voi facciamo il 20 per cento delle vendite» conclude poco prima di una sfilata divertentissima con le modelle truccate con le maschere di animale riprese dai filtri di Snapchat e vestite come si dovrebbe vestire una moderna viaggiatrice che passa dal reale al virtuale senza soluzione di continuità. Tra le fantasie ricche e luccicanti come non mai si riconoscevano molte api: un'ossessione per chiunque abbia a cuore le sorti del pianeta perché se sparissero gli insetti impollinatori, spariremmo anche noi. Inutile dire che le apine di Desigual erano tutto fuorché tristi perché come dicono i ragazzi dell'ufficio stile «Noi siamo di Barcellona, la città di Gaudì e di Mirò». Certo facevano pensare come la bellissima campagna pubblicitaria che ha per protagonista Winnie Harlow, la modella colpita da una crudele forma di vitiligine.

I giochi si sono conclusi con una serata ad alto tasso di vip per festeggiare i vent'anni di Jimmy Choo, il marchio che ha mandato per sempre in pensione il misero tacco 4 della scarpetta di Cenerentola.

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