Economia e finanza

La "guerra del petrolio" tra Emirati e Arabia Saudita

Gli Emirati, in asse con Washington, rompono con Riad sull'Opec? Il dibattito è aperto

Braccio di ferro tra Emirati e Arabia Saudita: Abu Dhabi lascia l'Opec?

Nella comunità internazionale si dibatte da diversi giorni sull'effettiva possibilità che gli Emirati Arabi Uniti possano lasciare l'Opec, il cartello mondiale del petrolio. Una mossa che rappresenterebbe uno schiaffo sonoro all'Arabia Saudita, Paese che dell'Opec è regista e principale influenzatrice, nonché fautrice dell'estensione nel dialogo alla Russia nel quadro Opec+.

Da un anno il presidente degli Emirati Arabi Uniti Sheikh Mohammed bin Zayed al Nahyan e il principe Mohammed bin Salman dell'Arabia Saudita sono in diverbio sul futuro della strategia energetica, della partita degli investimenti nel mondo arabo e non solo, del rapporto col resto del mondo.

In quest'ottica Abu Dhabi appare più vicina alla presidenza Usa di Joe Biden rispetto all'Arabia Saudita, che più volte ha deluso le speranze della Casa Bianca su diversi dossier. L'Arabia Sauidta prosegue la guerra in Yemen nonostante la volontà di Washington di iniziare a rendere meno vischioso il coinvolgimento dei suoi alleati nel Paese, condivisa dagli Emirati Arabi. Il piano Saudi Vision 2030 si scontra con i progetti dell'Emirato di attrarre strategie di investimento globali nelle tecnologie pulite, la transizione energetica, lo sviluppo di frontiera. E soprattutto Mosca e Riad sono allineate sulla posizione di tagliare la produzione per spingere verso l'alto i prezzi del petrolio. Al contrario di Abu Dhabi e Washington.

Gli Emirati, secondo gli accordi Opec, hanno l'impegno a mettere sul mercato 3 milioni di barili di petrolio al giorno, il 75% della capacità produttiva nazionale. Ma Abu Dhabi vuole investire per aumentare fino a 5 milioni di barili la sua produzione entro il 2027 e si sente minacciata dalla dominazione russo-saudita dell'Opec/Opec+.

Braccio di ferro nel mercato del greggio

La guerra in Ucraina ha accelerato questa crisi. Per molti commentatori la spaccatura in realtà risale al 2021, quando sui tagli alla produzione dell'Opec si consumo il primo braccio di ferro nel mercato del greggio. Altri fanno risalire alla minaccia percepita da Abu Dhabi per gli effetti della guerra dei prezzi del petrolio del 2020 l'inizio della diffidenza per Riad. "La decisione degli Emirati Arabi Uniti di lasciare il gruppo basato sul petrolio che rappresenta quasi il 38% della produzione totale mondiale di petrolio greggio diminuirebbe i poteri di fissazione del prezzo del petrolio del gruppo", scrive il portale Oil Price. E dopo l'uscita del Qatar l'Opec rischia una nuova botta che, se formalizzata, appiattirebbe sull'asse Riad-Mosca le discussioni e aprirebbe un nuovo fronte, spingendo Abu Dhabi a diventare il nuovo riferimento regionale per Washington. Ad oggi gli Emirati non confermano: ma il Wall Street Journal fa sapere che il dibattito negli Emirati sull'Opec è aperto e in pieno svolgimento. La guerra energetica rischia di intensificarsi: e chi sul petrolio è dipendente, come l'Europa, deve osservare con attenzione.

Ogni colpo all'Opec può spingere al basso i prezzi: e per chi importa massicciamente, la notizia non è necessariamente negativa, come il calo del 3% dei prezzi del Brent venerdì, sulla scia dei rumors sull'uscita di Abu Dhabi dall'Opec, testimonia.

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