Economia

Caos Grecia, Draghi non basta più

Il capo della Bce: «In caso di default abbiamo le armi per gestirlo al meglio». Ma le Borse cadono e lo spread schizza a 151

Caos Grecia, Draghi non basta più

Questa volta Mario Draghi non è bastato. Troppi i timori alimentati dalla fumata nera di domenica scorsa nelle trattative tra Grecia e creditori, per trovare rassicurazioni nella parole del numero uno della Bce: in caso di default di Atene «abbiamo tutti gli strumenti per gestire la situazione al meglio». Con l'ormai imminente Eurogruppo di giovedì senza che vi sia ancora uno straccio di intesa in vista, finisce per prevalere il pessimismo. Quello dei mercati, dove l'incubo Grexit si materializza giorno dopo giorno, è totale: tutte giù per terra le Borse, a cominciare da quella ellenica (-4,68%), anche se a pagare dazio all'ondata di vendite è stata anche Milano (-2,40%), mentre l'ascesa dello spread, schizzato a 151 punti dopo un picco oltre quota 160, comincia a costituire un altro versante di preoccupazione.

Bombardato da un fuoco di domande da parte degli europarlamentari, Draghi ha invitato le parti «a cercare un compromesso». Più facile dirsi, che a farsi. I rapporti tra i protagonisti sono sempre più incrinati. Anzi, avvelenati. «Un atteggiamento molto dilettantesco», è il marchio d'infamia assegnato da fonti della Commissione Ue al comportamento negoziale dei greci durante il week-end. Contro-replica del premier Alexis Tsipras: «Peccate di realismo e di opportunismo politico». Sembra un dialogo tra sordi, reso impossibile soprattutto per le profonde divisioni sulla riforma delle pensioni. «Non chiediamo tagli alle pensioni individuali e ai salari», fa sapere Bruxelles. «Chiedono al Paese un altro miliardo e 800 milioni da trovare tagliando del 20% tutte le pensioni principali e quelle integrative», ha invece detto il vice ministro della Sicurezza sociale, Dimitris Stratoulis. A chi credere? Le ultime proposte presentate da Atene prevedono entrate fiscali per 9,5 miliardi di euro tra quest'anno e il prossimo, con l'accettazione di un avanzo primario all'1% nel 2015, al 2% nel 2016 e al 3,5% nel 2017. Il problema è il modo per centrare questi obiettivi, ben diverso da quanto chiesto dai creditori: 1,4 miliardi dalla riforma dell'Iva ma «senza aumentarla per medicine, energia e prodotti freschi», 1,2 miliardi dalle tasse sulle imprese e appena 71 milioni intervenendo sui pensionamenti anticipati.

Draghi non ha esitato ieri a parlare di «situazione economica drammatica» in Grecia nonostante i 223 miliardi di prestiti bi e multilaterali, «più» l'Ela, «più i soldi del Fmi», «più l'haircut del 53,3%». Spazi per altri aiuti, in assenza di un accordo credibile, non ve ne sono. A fine mese Atene deve versare 1,6 miliardi al Fmi, e il mancato rimborso farebbe scattare la bancarotta. Con eventi imprevedibili «entreremo in acque inesplorate», ha spiegato il leader dell'Eurotower ammettendo che «non possiamo prevedere» le conseguenze per l'Unione, a medio e lungo termine", di un'uscita della Grecia dall'euro.

Anche perchè «abbiamo gli strumenti per gestire la situazione nel migliore dei modi», ma solo a breve termine.

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