Economia

Per Carige è arrivata la resa dei conti

L'ad Fiorentino punta a raccogliere 800 milioni fra aumento di capitale e cessioni

Per Carige è arrivata la resa dei conti

Ultima chiamata per Carige che domani riunirà il cda con una missione affidata al nuovo ad Paolo Fiorentino: presentare un piano di rilancio credibile alla Bce ed evitare di fare la fine delle banche venete. O almeno dimostrare a Francoforte che a Genova ci sono problemi molto più gestibili di quelli di Vicenza e Montebelluna.

Secondo i calcoli degli esperti l'istituto ligure oggi ha bisogno di circa 800 milioni per andare avanti. Partendo da questa cifra l'obiettivo è fissare quel numeretto decisivo per il futuro dell'istituto ligure. Ovvero l'importo dell'aumento di capitale che, sostengono fonti finanziarie, Fiorentino non vorrebbe superasse i 600 milioni. Il resto verrebbe incassato dalla cessione entro fine anno del patrimonio immobiliare dell'istituto (a valore di libro è di circa 1 miliardo) che va dai prestigiosi palazzi sulla Riviera ligure rivenienti dai vecchi affidamenti della Cassa di Risparmio di Savona agli uffici di rappresentanza di Milano, Roma e Londra. I manager starebbero inoltre sondando l'interesse del mercato per alcuni asset come la controllata Banca Cesare Ponti, storico istituto milanese specializzato nel private banking e nella gestione personalizzata di patrimoni.

Determinante per convincere Francoforte ma anche per stabilire l'asticella della ricapitalizzazione sarà anche lo smaltimento dei crediti deteriorati: Carige ha già ceduto 948 milioni di npl ma deve liberarsi di un'altra zavorra da 2,4 miliardi per soddisfare le richieste della Bce. Su questo fronte prende sempre più corpo l'ipotesi di costituire un consorzio partecipato al 51% da investitori istituzionali e operatori del settore e al 49% da Carige cui cedere gli npl puntando sul valore degli immobili messi a garanzia.

L'ad, il terzo nel giro di due anni, deve però rispondere anche all'azionista di controllo, Vittorio Malacalza che non intende «svendere» le sofferenze, così come non vuol sborsare altri soldi per rettificare i crediti in aggiunta ai 263,5 milioni già investiti nella banca e ai circa 200 milioni da mettere sul piatto per la ricapitalizzazione in modo da restare al timone della nave. Mentre il valore della sua quota di maggioranza si è già deprezzato di quasi il 90 per cento.

In Borsa il valore delle azioni Carige è crollato al minimo storico di 18 centesimi: solo negli ultimi sei mesi il titolo ha lasciato sul terreno quasi il 41%, nell'ultimo anno più del 50 per cento. Eppure gli analisti di Ubs continuano a pensare che la banca «non sia fonte di rischio sistemico» sottolineando come proprio il recente attivismo di Malacalza suggerisca che «può sostenere gli sforzi legati all'aumento del capitale». Magari mettendo qualche «palanca in più». Perché resta da capire cosa faranno gli altri soci di peso come Gabriele Volpi (il patron della Pro Recco e dello Spezia Calcio ma anche a capo del business della logistica portuale al servizio dell'industria petrolifera in Nigeria) titolare del 6% e legato a un patto di sindacato con la famiglia Spinelli, che ha l'1,9%.

I loro consiglieri di amministrazione hanno votato contro la sfiducia dell'ex ad Guido Bastianini chiesta da Malacalza e si sono dimessi.

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