Economia

Ecco chi vince e chi perde con il petrolio a 100 dollari

A Piazza Affari bene Eni, Enel, Saipem e le rinnovabili Rischio stangata per gli automobilisti: verde a 2 euro

Ecco chi vince e chi perde con il petrolio a 100 dollari

Il prezzo del petrolio continua a salire e gli esperti non escludono una fiammata anche oltre i 100 dollari. Un livello che fa paura ai consumatori italiani, per i quali torna l'incubo del caro carburante. Ma anche alle società di Piazza Affari, che solo in parte beneficeranno di un'impennata dei prezzi, oil company comprese. Non vale, infatti, in assoluto il binomio più è alto il prezzo dell'oro nero e più le società di settore guadagnano. Anche qui esiste una sorta di equilibrio.

«Se il petrolio toccasse quota 100 dollari al barile sarebbe negativo per tutti, anche per i produttori, tra instabilità dei mercati e prevedibile impatto sui consumi. E a quei livelli molti tornerebbero al carbone», ha già ammonito l'ad dell'Eni Claudio Descalzi spiegando «che lo scorso anno il settore ha registrato un deficit di produzione mondiale di circa 500mila barili al giorno di media, e che le sanzioni all'Iran potrebbero sottrarre altri 700mila barili». Una situazione difficile che ha spinto il presidente Usa, Donald Trump, a chiedere all'Opec di compensare la produzione aumentando l'offerta di greggio.

L'organizzazione guidata da Mohammed Sanasi Barkindo ha opposto però un rifiuto che ha fatto impennare i prezzi. «Starà dunque tutto nelle prossime mosse dell'Opec continua Descalzi - il destino del prezzi del greggio». Ma il fatto che un Paese di peso come l'Arabia Saudita del principe Mohammed bin Salman spinga per tenere bassa la produzione non fa ben sperare.

Attualmente, il valore del Wti si attesta in area 75 dollari al barile mentre il Brent è a 85 dollari e gli analisti (da Bank of America a Morgan Stanley) avvertono che non è da escludere una fiammata dei prezzi e un successivo crash, insomma una ripetizione di quanto avvenne nel 2008. Il punto debole sono i Paesi emergenti, la cui domanda potrebbe crollare se ci fosse una fiammata del greggio.

I mesi che ci separano dalla fine dell'anno saranno comunque cruciali perché sarà in questo lasso di tempo che si capirà dove andranno i prezzi nel 2019. In particolare, sul fronte della benzina, il pericolo è che i prezzi possano arrivare (e superare) quota 2 euro al litro (come nel 2012). Questo non solo per l'impennata dell'oro nero, ma anche perché potrebbero scattare entro l'anno nuove accise. La clausola di salvaguardia legata a un loro aumento sta infatti per scadere e se il governo, che già non ha affrontato la questione nel Def, non lo farà nella prossima Legge di Bilancio, il caro benzina sarà inevitabile. Sono, infatti, tre gli aumenti delle accise programmati da gennaio 2019.

Un aumento del petrolio vuol dire poi un maggior costo dei trasporti, quindi dei prezzo di praticamente tutti i beni che viaggiano su gomma: dagli alimentari ai mobili. Il petrolio trascina inoltre sovente con sé le quotazioni del gas: da ciò discende un aumento del prezzo della bolletta energetica, vale a dire luce e gas per le famiglie.

Quanto alle società quotate alla Borsa di Milano le compagnie coinvolte nel settore dell'esplorazione e produzione (Eni, Tenaris) saranno avvantaggiate dal caro petrolio, senza effetto boomerang però solo se il corso dell'oro nero si manterrà sotto i 100 dollari. «Anche Saipem spiega Banca Akros - potrebbe trarne vantaggio se questo dovesse comportare una ripartenza degli investimenti delle major petrolifere». Un prezzo del petrolio maggiore potrebbe spingere anche il settore green: se l'oil costa poco, le fonti green saranno meno sviluppate. I potenziali beneficiari del caro petrolio saranno quindi le società delle rinnovabili come Erg, Enel, Alerion, Actelios, Kr Energy, Terni Energia.

Quanto a Saras, il suo business si basa sul margine di raffinazione, ossia la differenza tra il valore dei prezzi dei prodotti alla pompa e quello del petrolio greggio. Così, un repentino aumento solo di quest'ultimo sul primo avrebbe comunque un effetto negativo.

Fuori da Piazza Affari il caro greggio complicherebbe il già arduo rilancio di Alitalia a causa dell'esborso che dovrebbe affrontare alla voce carburante.

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