Economia

Esplodono i bond con tassi sottozero

Il controvalore schizza a 12.300 miliardi con la Bce e la Fed in modalità colomba

Esplodono i bond con tassi sottozero

Volano le colombe della Bce e della Federal Reserve, e vola l'ammontare dei bond con tassi negativi in circolazione nel mondo. Le recenti aperture di Mario Draghi a un taglio dei tassi e al riavvio della stamperia del quantitative easing e di Jerome Powell a un calo del costo del denaro, sono piombate sul mercato obbligazionario come due elefanti in una cristalleria. Col risultato di far schizzare l'ammontare dei bond con rendimenti sottozero a 12.300 miliardi di dollari. È una cifra monstre, punto terminale (ma solo per ora) di una progressione esponenziale che ha dilato questo universo, rovesciato rispetto ai canoni dell'ortodossia finanziaria, dai circa 20 miliardi di dollari all'inizio del 2014 fino a una cifra più o meno equivalente l'intero Pil cinese.

Meno di cinque anni sono insomma bastati per creare una specie di Godzilla geneticamente modificato mutuando su scala planetaria il modello nipponico. Dal Giappone, patria delle politiche monetarie di allentamento quantitativo, il fenomeno si è poi esteso all'Europa grazie alla politiche lasche di Bce e Banca d'Inghilterra, dove oggi la metà di tutti i titoli di Stato ha un rendimento negativo, per un ammontare di 4.400 miliardi di euro, duemila in più rispetto alla fine di gennaio. E in una ventina di Paesi del Vecchio continente i titoli biennali rappresentano un costo per chi li possiede (salvo vendere lucrando su un rialzo dei prezzi). Sull'altro versante, quello dei bond corporate, la tendenza non è ancora così pronunciata, ma il 20% del debito societario investment-grade ha il bollino col segno meno sui tassi.

La miglior cartina di tornasole dell'anomalia globale è mettere a confronto il misero 1,75% proposto dalla Grecia per il suo sirtaki-bond a sette anni con l'identica percentuale offerta dai T-bond Usa a due anni. Una sorta di azzeramento del rischio-Paese. Nella filiera obbligazionaria americana, tutti i titoli sono ormai ai livelli minimi dell'ultimo biennio (il decennale è addirittura sotto il 2%), mentre continua l'inversione della curva dei rendimenti, una spia accesa di recessione nei prossimi sei mesi. Eppure, ieri a Wall Street l'S&P500 si è spinto fino ai massimi storici.

La transumanza del mercato obbligazionario verso l'assenza di rendimenti è peraltro destinata ad aumentare. Forse molto presto per effetto delle misure che la Bce potrebbe adottare. Anche se alcune indiscrezioni confermano l'irritazione dei Paesi del Nord per le parole con cui, martedì scorso, l'ex governatore di Bankitalia ha rotto gli indugi sull'utilizzo della cassetta di attrezzi dell'Eurotower, Commerzbank ritiene possibile una sforbiciata ai tassi già il mese prossimo, mentre gli analisti di Dankse Bank puntano sul QE 2.0 entro settembre. Servirà a rinsanguare l'anemica crescita economica e l'altrettanto esangue inflazione? Olivier Blanchard, ex capo economista del Fmi, ha più di una perplessità: «Sono quasi sicuro che la Bce non possa, da sola e a questo punto, combattere una recessione. Avrà bisogno di aiuto».

Anche nei riguardi delle prossime mosse della Fed non sono poche le preoccupazioni. Qualche economista lancia il caveat partendo da questa verità storica: ogni volta che Eccles Building ha tirato verso il basso le leve monetarie a fronte di una disoccupazione sotto al 4%, l'America è sempre scivolata in recessione. Inoltre, mai in passato è stato deciso un taglio con un debito federale così elevato (ora è al 105%) e con tassi così bassi (2,25%).

Anche se Donald Trump ha fretta di incassare un calo del costo del denaro per fini elettorali («Credo che la Fed lo abbasserà, anche se doveva farlo prima», ha detto ieri), è forse meglio che Powell rifletta ancora un po' sul da farsi.

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