Economia

Fiat-Chrysler: ai tedeschi non va giù

In Germania critiche e sarcasmi. Intanto Moody's minaccia il "downgrade" del Lingotto

Fiat-Chrysler: ai tedeschi non va giù

All'Auto Show della prossima settimana nella ghiacciata Detroit il tema dominante sarà, senza dubbio, la conquista di Chrysler da parte di Fiat. Di riflesso, sarà ancora una volta Sergio Marchionne il top manager al centro dell'attenzione visto che la minuscola (e italiana Fiat) è riuscita a far propria la molto più grande (e americana) Chrysler. È proprio questo concetto sul quale hanno già cominciato a esibirsi coloro abituati a guardare sempre dall'alto al basso il gruppo di Torino, cioè i tedeschi, sicuramente infastiditi dal fatto che Marchionne abbia pagato Chrysler un decimo di quello che aveva sborsato, nel '98, Daimler, la stessa casa che, tra il '99 e il 2000, si vide respingere da Gianni Agnelli la proposta di fagocitare l'auto del Lingotto.
Dalla stampa tedesca, infatti, in questi giorni non sono mancate le critiche e le prese in giro. Qualche esempio: «Fiat compra Chrysler e diventa americana», titolava la Sueddeutsche Zeitung. E sempre lo stesso giornale ipotizzava anche un cambio di nome per la società torinese, cioè a Faad (Fabbrica americana automobili Detroit). Sta di fatto che il 20 gennaio verrà sancito il passaggio dal fondo Veba a Fiat del 41,5% di Chrysler e, da quel momento, Marchionne potrà pensare alla fusione, alla quotazione in Borsa, al suo rafforzamento attraverso la ricerca di un terzo partner e, soprattutto, al rapido avvio del piano industriale dal quale uscirà il nuovo gruppo premium Alfa Romeo-Maserati, con l'obiettivo di dar fastidio alle «Big three» del lusso tedesche: Audi, Bmw e Mercedes.

Il fatto che la Faz abbia scritto in questi giorni che «la marcia trionfale delle case automobilistiche tedesche sui mercati mondiali sembra inarrestabile», oltre a voler ribadire la superiorità del Paese nel settore, sembra essere un messaggio diretto proprio alle ambizioni di Marchionne. E lo stesso vale nel momento in cui la stessa Audi ha annunciato investimenti per 22 miliardi (4,4 miliardi l'anno, il 70% riguarderà nuovi modelli) per sfidare le rivali Bmw e Mercedes. Questi 22 miliardi sono solo una parte del maxi-investimento di 84,2 miliardi, sempre al 2018, varato dal gruppo Volkswagen. Un'offensiva senza pari, visto che l'obiettivo resta quello di diventare il primo produttore mondiale.

Da parte sua, e a Detroit probabilmente se ne saprà di più, alla fine di aprile Marchionne dovrebbe annunciare un piano d'investimenti per 9 miliardi allo scopo di rilanciare il gruppo in Europa. E secondo AutomotiveNews almeno 5 dovrebbero riguardare la scommessa premium italiana. Nel giorno in cui, per il secondo anno consecutivo, il marchio Jeep ha registrato il record assoluto globale di vendita (731.565 immatricolazioni nel mondo lo scorso anno, rispetto alle precedenti 701.626), Moody's fa sapere di aver messo sotto osservazione il rating «Ba3» di Fiat per un possibile downgrade. «La decisione - informa l'agenzia - segue l'accordo raggiunto con il Veba per Chrysler che indebolirà materialmente» la posizione di liquidità del Lingotto, che rischia pertanto il declassamento. Poche ore prima, da New York sono invece rimbalzate stime e dati positivi sul Lingotto da parte di un fondo d'investimento. Nel report si rileva come «oggi Fiat-Chrysler è uno dei migliori investimenti che il mercato offre». «La società - inoltre - è sottostimata senza che ci sia alcun motivo che lo giustifichi, visto lo stato di salute migliore di quello di Gm e Ford». Da qui la previsione che «il titolo possa solo salire».
Viene anche dato un valore al marchio Alfa Romeo (tra 5 e 8 miliardi di dollari), «variabile in funzione delle vendite che realizzerà a partire dal 2015-2016 (100-300mila unità».

E il fatto di non chiudere impianti in Europa «è stata - dice il report - una scelta giusta, in quanto mettere i lucchetti a una fabbrica può costare 500 milioni».

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