Economia

Fiat, Italia salva grazie all'export in Usa

Il 30 ottobre si conoscerà il destino del sistema industriale. Il nostro Paese possibile hub per il mercato america. Mazda su Pomigliano. Cassino punto debole. La Punto sempre in frigo: il nuovo modello forse nel 2015

Fiat, Italia salva grazie all'export in Usa

Nella sua spola quotidiana tra l’ufficio di Auburn Hills e la bella ca­sa circondata dal verde di Oak­land, poco fuori Detroit, Sergio Marchionne ha trascorso buona parte di questo torrido agosto a rive­dere punto su punto il piano indu­striale della Fiat. La fine di ottobre non è poi così lontana, e per il 30 di quel mese, quando il consiglio di amministrazione dovrà approva­re i conti del terzo trimestre, l’am­ministratore delegato del Lingotto dovrà aver risistemato tutti i tassel­li del mosaico industriale del grup­po automobilistico, investimenti compresi.

Non è ancora ben chiaro se Mar­chionne ­affiderà solo a un dettaglia­to comunicato e alle slide le novità riguardanti il sistema produttivo italiano ed europeo, o se opterà per una presentazione più istituziona­le. Di certo, alla fine di ottobre go­verno, sindacati, lavoratori e comu­nità finanziaria potranno toccare con mano come la crisi dei mercati e dell’Eurozona (senza dimentica­re il braccio di ferro ancora in corso con la Fiom) hanno finito per inci­dere sul progetto «Fabbrica Italia». Già al Salone dell’auto di Parigi, a cavallo tra settembre e ottobre, si comincerà comunque a capire in quale direzione si muoverà il grup­po Fiat­Chrysler nei prossimi anni. E, soprattutto, se la crisi costringe­rà la Fiat a rinunciare a un secondo impianto in Italia.
La terapia per cercare di salvare il sistema auto del Paese, impeden­do nuove scelte traumatiche e l’acuirsi di tensioni sociali, ha due nomi: Mazda ed esportazione.

Nel primo caso le frequenti visite di tecnici giapponesi a Pomigliano d’Arco, in questo momento il mi­glior stabilimento in Europa, po­trebbero convincere il manege­ment di Hiroshima di fare della Campania il loro hub produttivo europeo. Sotto osservazione, però, sono anche le altre fabbriche del gruppo, dove lo spazio per ospitare nuove linee di assemblaggio, sul modello polacco di Tychy (Fiat 500-Ford Ka) non manca. Ma c’è chi mette in conto anche la possibi­le vendita tout court di un sito a un rivale (Volkswagen? qualche pro­duttore asiatico?), accontentando così (la Cgil) chi chiede da tempo il toccasana di una vera concorrenza interna. Ma la carta più importan­te, quella che, nelle intenzioni, rivi­talizzerebbe il «sistema» si chiama esportazione.

L’Italia, in pratica, si trasforme­rebbe nella base europea degli Sta­ti Uniti, dove gli impianti della Chrysler sono alla saturazione. Al di là dei Suv compatti che dovreb­bero nascere a Mirafiori, gli stabili­menti servirebbero ad andare in­contro alla domanda proveniente da Oltreoceano. Dovrebbe essere questo uno dei passaggi principali del piano indu­striale rivisitato sul tavolo di Marchionne. E dalla sua fattibi­lità( eaccoglien­za da parte del­le organizzazio­ni sindacali), a questo proposi­to, dipenderan­no anche gli in­vestimenti. Ie­ri, intanto, Ra­diocor ha rilan­ciato un’indi­screzione se­condo cui la pessima situa­zione del mer­cato dell’auto in Italia e in Eu­ropa potrebbe spingere il Lin­gotto a rinviare, al 2015, la pro­duzione della nuova Fiat Pun­to. Si trattereb­be di un nuovo slittamento, vi­sto che già c’era stato uno spostamento al 2014. La stessa agenzia ipotizza l’accorpa­mento in un altro sito delle produ­zioni di Cassino (Alfa Giulietta e Lancia Delta), che a questo punto resterebbe pericolosamente sco­perto, salvo interventi dall’ester­no.

Dal piano rivisitato si avranno anche maggiori dettagli 500L a 7 porte, annunciata per il 2013, e la 500x, erede della Fiat Sedici, que­st’ultima prodotta dalla Suzuki in Ungheria, che non sarà comunque in vendita prima del 2014, anno del battesimo dell’attesa Alfa Giulia.

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