Economia

La guerra al diesel lascia a secco il Sud

Allarme per la fabbrica Bosch in Puglia. E Honeywell ha già deciso lo stop a Chieti

La guerra al diesel lascia a secco il Sud

La guerra ai motori diesel, che ha preso consistenza all'indomani dello scandalo delle emissioni truccate causato da Volkswagen, rischia di creare problemi occupazionali anche in Italia. A essere preoccupati, in attesa che Sergio Marchionne, ad di Fca, chiarisca dopo l'estate il futuro degli impianti di Cento (Ferrara) e Pratola Serra (Avellino), dove nascono i propulsori a gasolio per i veicoli del gruppo, sono anche i lavoratori di un indotto che ha nello stabilimento della tedesca Bosch, a Modugno (Bari), il fiore all'occhiello.

È facile ritenere, come si sente spesso dire, che una fabbrica da sempre preposta a un tipo di produzione, può essere riconvertita ad altro, per esempio alla realizzazione di motori elettrici e relative batterie. Ma il problema, allo stato dell'arte, è che a fronte di una caduta della domanda di automobili a gasolio, non corrisponde al momento (ma anche nel futuro prossimo) un altrettanto exploit di veicoli dotati di motorizzazioni alternative. Lo testimoniano i dati recenti sulle immatricolazioni in Europa: il diesel in un solo mese ha perso il 20% nei 5 maggiori mercati. E anche l'Italia, fino a poco tempo fa «controcorrente», ha iniziato ad allinearsi agli altri Paesi: -10,1% il risultato di maggio.

Un forte contraccolpo lo ha subito, per esempio l'americana Honeywell (turbocompressori per motori diesel) che ha deciso di chiudere l'impianto di Atessa (Chieti) e delocalizzare all'Est. A farne le spese i 430 dipendenti. La motivazione: il declino di questi propulsori.

E ora, a porsi delle domande, sono i 2mila lavoratori Bosch di Modugno, insieme a un indotto nel territorio pugliese che vale qualche migliaio di posti. Questo stabilimento, che rappresenta la più grande realtà del colosso tedesco in Italia, produce pompe a iniezione diesel Common Rail. In verità, è da qualche anno che a Modugno i sindacati pressano l'azienda su come intende muoversi, vista la progressiva riduzione della richiesta di componenti per i motori diesel. Modugno, infatti, fornisce la maggior parte dei costruttori di autoveicoli. E una possibile riconversione verso componenti per altre motorizzazioni, elettriche comprese, comporterebbe inevitabilmente un taglio del personale. In aprile, alla presentazione dei dati di bilancio, da Stoccarda era arrivato un segnale rassicurante a proposito della piena operatività del sito pugliese. Lo stesso Rolf Bulander, ceo della divisione Mobility Solutions, aveva rimarcato l'eccellenza della pluripremiata fabbrica italiana.

Ma il mercato continua a precipitare, nonostante le precisazioni degli addetti ai lavori sulla virtuosità dei motori diesel di ultima generazione. E cadute puntuali, in aumento e a doppia cifra, non possono che far accelerare, da parte dell'industria del settore, progetti alternativi.

Unrae, che rappresenta i costruttori esteri in Italia, ha delineato un quadro che al 2030 vedrà i veicoli alimentati a benzina e gasolio rappresentare solo il 35% del nostro parco circolante, rispetto a una quota dell'88,3% raggiunta nel 2017. Tra meno di sette anni, nel 2025, i motori tradizionali peseranno per il 61%.

L'orientamento, secondo Unrae, si indirizzerà sempre più verso la tecnologia ibrida (motori termico ed elettrico): dal 3,4% del 2017 si passerà al 20% del 2025 fino al 35% del 2030.

Commenti