Economia

Huawei fa i conti coi dazi di Trump

Perderà 30 miliardi di ricavi in due anni. Crollano le vendite di smartphone: -40%

Huawei fa i conti coi dazi di Trump

È di almeno 30 miliardi di dollari il conto che Huawei dovrà pagare nei prossimi due anni a causa del bando voluto dall'America di Donald Trump. Lo ha quantificato ieri, per la prima volta, Ren Zhengfei, fondatore e ad del colosso cinese, durante un incontro nel quartier generale a Shenzen con due guru hi tech americani, George Gilder e Nicholas Negroponte.

«Nei prossimi due anni penso che dovremo ridurre la nostra capacità e il nostro giro d'affari calerà di 30 miliardi circa rispetto alle previsioni iniziali: mi attendo quindi che fatturato del gruppo si attesti, sia per quest'anno che per il prossimo, intorno ai 100 miliardi di dollari (dai 104,16 miliardi di un anno fa, un dato che rappresentava un incremento del 20% rispetto all'esercizio precedente ndr)» ha dichiarato Zhengfei che non si attende di tornare a crescere prima del 2021.

A febbraio Huawei aveva previsto di arrivare a toccare i 125 miliardi di vendite a fine 2019. Un traguardo irrealizzabile a causa dell'escalation della guerra commerciale tra Pechino e Washington che ha messo a rischio la crescita del gruppo che affondava le proprie fondamenta nelle vendite oltreconfine. «La vendita internazionale di smartphone è crollata del 40% tra il 17 maggio e il 16 giugno rispetto al mese precedente» ha precisato l'ad. E, se la situazione non dovesse cambiare, per Huawei potrebbe essere difficile persino mantenere la seconda posizione, appena raggiunta a scapito di Apple, tra i brand di smartphone. L'atteso sorpasso di Samsung è invece rinviato a data da destinarsi.

Lo scorso 16 maggio Huawei è stata inserita, per motivi di sicurezza, in una lista nera di società per cui è richiesta una preventiva licenza da parte del Dipartimento del Commercio Usa su ogni acquisto di tecnologia a stelle e strisce: dai semiconduttori ai software, alla componentistica. Una tecnologia venduta in ogni caso a caro prezzo visto che gli esperti stimano in 11 miliardi lo shopping effettuato dal gruppo cinese negli Usa, a iniziare da Intel e Qualcomm, nel solo 2018. Il bando è stato poi sospeso per tre mesi, fino a metà agosto, ma le conseguenze non si sono fatte attendere.

Non solo. Trump, nel timore che il gruppo cinese possa utilizzare tecnologia e infrastrutture per fini di spionaggio, sta facendo pressioni sugli alleati perché neghino a Huawei l'accesso alla tecnologia 5G.

Per quanto riguarda l'Italia, il vicepremier Matteo Salvini ha detto: «Stiamo lavorando per verificare eventuali problemi concreti che ci impongano una riflessione».

«Ci attendevamo una concorrenza. La sola cosa che non avevamo previsto era che la determinazione strategica degli Usa ad attaccarci sarebbe stata così grande e su così tanti fronti. Non possiamo rifornirci di componentistica né utilizzare nulla che abbia componentistica americana o avere relazioni con chi la usi, e neppure partecipare a organizzazioni internazionali o lavorare con università» ha sottolineato Zhengfei, secondo cui «entrambe le parti soffriranno della situazione e alla fine non vincerà nessuno».

Nel frattempo, mentre c'è Huawei ferma ai blocchi di partenza, Nokia sta recuperando terreno e vincendo contratti per il 5G.

E, pur non mancando le azioni discrete di alcune lobbying alla Casa Bianca per ridurre le restrizioni a Huawei, si iniziano a considerare alternative ai cinesi.

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