Economia

Il made in Italy in saldo, gli altri guadagnano: 10 miliardi in mani straniere

I marchi che hanno fatto la nostra storia alimentare sono tutti (o quasi) in mani straniere. Un giro d'affari che vale 10 miliardi dall'inizio della crisi. L'Italia in vendita: guarda l'infografica

Il made in Italy in saldo, gli altri guadagnano: 10 miliardi in mani straniere

Italia patria del buon mangiare? Mica tanto, a guardare meglio tra i proprietari dei marchi che hanno fatto la storia alimentare del Belpaese. Non solo Parmalat (in mano alla francese Lactasis),  Buitoni e Perugina (Gruppo Nestlè) sono ormai state comprate da stranieri (guarda l'infografica): la crisi ha massacrato anche il settore agroalimentare, costringendo molte aziende storiche a svendersi.

È il caso dell'Orzo bimbo (della francese Nutrition et santè), dello spumante Gancia (ormai russa), dei salumi Fiorucci (di proprietà del gruppo Campofrio), della Star (in mano alla spagnola Gallina Blanca), del leader italiano dei pomodori pelati Ar alimentari (Mitsubishi), del riso Scotti (il 25% è finito alla spagnola Ebro Foods), ma persino di un'azienda produttrice di vino Chianti, diventato di proprietà di un imprenditore cinese. Un giro d'affari che complessivamente vale almeno 10 miliardi di euro finiti in casse straniere, come rivela Coldiretti.

"I grandi gruppi multinazionali che fuggono dall’Italia della chimica e della meccanica, investono invece nell’agroalimentare nazionale perché, nonostante il crollo storico dei consumi interni, fa segnare il record nelle esportazioni grazie all’immagine conquistata con i primati nella sicurezza, tipicità e qualità", spiega il presidente Sergio Marini. Un dato che non lascia ben sperare, soprattutto perché il passaggio di proprietà è spesso solo l'inizio di una decadenza dei prodotti. "Ha spesso significato svuotamento finanziario delle società acquisite, delocalizzazione della produzione, chiusura di stabilimenti e perdita di occupazione", continua Marini, "Si è iniziato con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti tricolori.

Poi si è passati ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo passo è la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero".

Commenti